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Medinews
24 Luglio 2012

NEL TRATTAMENTO ADIUVANTE DELLE NEOPLASIE MAMMARIE ERB2/NEU POSITIVE, SI DOVREBBE ABBANDONARE L’USO DELLE ANTRACICLINE?

L’identificazione del recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano (HER2) e lo sviluppo di un anticorpo che lo inibisca (trastuzumab) hanno ridefinito l’approccio al cancro della mammella e ravvivato la speranza che le terapie target possano efficacemente trattare questo tumore anche senza l’aiuto della chemioterapia. Nella malattia metastatica, gli agenti anti-HER2 aumentano l’efficacia della chemioterapia, sono attive linee multiple di trattamento anti-HER2 e l’aggiunta di nuovi anticorpi o l’uso di nuovi coniugati anticorpo-chemioterapia può raggiungere esiti migliori che con la chemioterapia o trastuzumab da soli. Nelle pazienti con cancro alla mammella HER2-positivo in fase iniziale, l’uso adiuvante di trastuzumab è stato valutato in almeno 7 studi prospettici randomizzati. Tra questi, lo studio BCIRG (Breast Cancer International Research Group) 006 è stato oggetto di discussione nell’editoriale pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Oncology (leggi testo integrale) da parte di esperti dei maggiori centri oncologici statunitensi. Lo studio ha comparato due diverse combinazioni di chemioterapia e trastuzumab, una delle quali contenente antracicline (ACTH) e l’altra no (TCH), rispetto alla chemioterapia (ACT) di controllo. Anche se lo studio BCIRG 006 non è stato disegnato per comparare i trattamenti contenenti trastuzumab, molti pensano abbia fornito buona evidenza per abbandonare l’uso di antracicline nel tumore della mammella HER2-positivo. Dopo la presentazione dello studio, che favoriva la combinazione TCH senza antracicline, il regime è stato approvato dalla FDA nel 2008. Ma TCH rappresenta effettivamente il regime da preferire per questo tipo di cancro? Gli autori dell’editoriale credono non lo sia e ne forniscono le ragioni. Innanzitutto, lo studio non è stato strutturato per poter dare evidenza di equivalenza o di non-inferiorità tra i due regimi a base di trastuzumab che, infatti, hanno mostrato simile capacità di prevenire la recidiva e il regime con antracicline e trastuzumab (ACTH) ha migliorato la sopravvivenza libera da malattia valutata a 5 anni, rispetto ai regimi TCH e ACT. Inoltre, lo studio non ha stabilito l’equivalenza di TCH ad ACTH né escluso la possibilità reale che il regime ACTH sia più attivo del regime non contenente antracicline. Una seconda sostanziale limitazione dello studio, individuata dagli autori, sta nei bracci di trattamento e controllo, che includevano antracicline sulla base di studi precedenti. Analisi retrospettive avevano indicato un beneficio superiore nel tumore della mammella HER2-positivo con regimi contenenti antracicline e anche l’aggiunta di taxani sarebbe efficace, ma l’importanza del carboplatino (C in TCH) è sconosciuta in terapia adiuvante, anche se la sua inclusione è stata fatta sulla base dei risultati di modelli preclinici che suggerivano una sinergia con taxani e trastuzumab. E, in ogni caso, il regime ACTH prevedeva una schedula di trattamento chemioterapico meno efficace di altri contenenti antracicline e taxani. A parte l’espressione di HER2, non esiste altro marcatore per predire il beneficio con trastuzumab: anche il gene della topoisomerasi alfa (TOP2A) che risulta amplificato nel 30 – 40% delle pazienti con cancro alla mammella HER2-positivo e che è stato associato a sensibilità ai regimi contenenti antracicline, non ha favorito bevacizumab quando aggiunto alla chemioterapia con antracicline e non dovrebbe essere utilizzato per selezionare le pazienti al trattamento con trastuzumab. Per quanto riguarda gli effetti collaterali, la preoccupazione maggiore è stata rivolta alla cardiomiopatia, il cui rischio di svilupparsi è maggiore quando trastuzumab viene somministrato in associazione o dopo le antracicline. Nel tentativo di valutare l’impatto di questa tossicità, gli investigatori dello studio BCIRG 006 hanno sviluppato un indice terapeutico post-hoc per eventi clinici, comprendente recidiva di malattia metastatica a distanza, scompenso cardiaco e leucemia acuta. I risultati hanno indicato che il vantaggio numerico di prevenzione delle recidive del cancro alla mammella con ACTH su TCH è stato coperto in questo indice da un maggiore rischio di scompenso cardiaco di grado 3 o 4. Tuttavia, la tossicità del regime ACTH non ha compromesso la sopravvivenza globale delle pazienti in questo braccio. La preoccupazione di osservare cardiomiopatia giustifica lo sviluppo di regimi che minimizzino questa tossicità e i dati dello studio BCIRG 006 forniscono valide informazioni per la scelta del trattamento in pazienti e clinici riguardo questo rischio. Fattori di rischio noti per la disfunzione cardiaca legata a trastuzumab identificati in altri studi sono: l’età più anziana (> 60 o 65 anni), una frazione di eiezione ‘borderline’ (LVEF di 50 – 55%) e l’ipertensione. Le donne che non presentano questi fattori di rischio hanno un rischio molto basso (1%) di sviluppare scompenso cardiaco con antracicline o trastuzumab. Infine, con il regime ACTH si sono manifestate anche riduzioni asintomatiche della frazione di eiezione nei 18 mesi di follow-up e ancora non è chiaro come usare i criteri clinici per la selezione delle pazienti che riceveranno trastuzumab. Gli autori concludono che anche se si volesse eliminare o ridurre al minimo l’uso di antracicline nel trattamento adiuvante del tumore della mammella HER2-positivo, questo ancora non è possibile, ma il progresso offerto da test diagnostici e terapie permetterà di eliminare il loro uso in favore di trattamenti più focalizzati sulla biologia del tumore. Al momento, le antracicline sono ancora necessarie per le donne con cancro della mammella HER2-positivo ad alto rischio, mentre possono essere evitate in quelle a basso rischio, nelle quali il regime TCH sembra una valida alternativa.
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