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Medinews
2 Giugno 2014

SPECIALE ASCO 2014 – N.1, 31/05/2014

Chicago, 31 maggio 2014

50 ANNI DI ASCO, NUOVE CURE MA PREOCCUPAZIONE PER I COSTI
Sono “senza precedenti” i risultati ottenuti in questi ultimi anni nella ricerca e nelle cure contro il cancro ma, a fronte dei progressi della scienza, a livello mondiale si pone sempre di più il ‘nodo’ dei costi e della sostenibilità economica delle nuove terapie da parte dei sistemi sanitari dei vari Paesi. E’ il questo quadro in cui si è aperto a Chicago il 50° Congresso ASCO. Nell’edizione 2014 – anno in cui si celebra il cinquantenario della Società statunitense di oncologia – verranno presentati più di 5mila nuovi studi, in cui il tema dominante è il rapporto fra “Scienza e società: i prossimi 50 anni”. Un’edizione che quest’anno punterà ancora sulle terapie personalizzate contro il cancro, con nuovi farmaci biologici capaci di colpire molto più selettivamente le cellule cancerose, e con uno sguardo alla nuova frontiera dell’immunoterapia, il tentativo di indurre il sistema immunitario a combattere il tumore. Nuova frontiera salutata già alla fine del 2013 come “svolta dell’anno” da “Science”. “Gli studi che verranno presentati – ha sottolineato il presidente ASCO, Clifford A. Hudis – dimostrano che abbiamo motivi di speranza senza precedenti nella ricerca e cura del cancro. Gli studi clinici stanno rafforzando la promessa della medicina personalizzata, sia per tumori comuni che per quelli rari. Stiamo trovando modi relativamente semplici per migliorare la qualità della vita dei pazienti durante il trattamento e migliorare la nostra comprensione di come le sfide sociali, come l’obesità, possono condizionare i nostri pazienti e i risultati delle terapie”. Un altro tema, su cui il Congresso focalizzerà l’attenzione degli scienziati, è rappresentato dal “valore” della terapia: un inedito parametro di valutazione (con apposito algoritmo) che non considererà solo il costo monetario della cura, ma un quadro più ampio che valuti il rapporto costi-benefici, l’impatto sul sistema sanitario, le famiglie, il lavoro. Ma l’attenzione sarà rivolta anche ad un altro aspetto emergente, ormai, a livello mondiale. Molte sessioni saranno dedicate al nodo della sostenibilità per i costi dei nuovi farmaci. L’urgenza oggi è, cioè, capire come sarà possibile rendere fruibili le nuove terapie su larga scala, facendo in modo che esse siano però ‘sostenibili’ dal punto di vista economico per i sistemi dei vari Paesi. Per questo, ampio spazio sarà dedicato alla prevenzione, fondamentale per garantire risparmi ai sistemi sanitari. Sul fronte della ricerca, infine, è forte la presenza italiana: numerosi studi tra quelli che verranno presentati al Congresso vedono, infatti, la partecipazione di centri attivi nel nostro Paese.

AIOM: “RISPARMI DALLA PREVENZIONE, 6 MILIARDI DI EURO IN 5 ANNI. L’ITALIA DIVENTI LA CAPITALE EUROPEA DEGLI STILI DI VITA SANI”
Sei miliardi di euro in cinque anni. È il risparmio che potrebbe essere realizzato nel nostro Paese grazie a campagne di prevenzione oncologica. Una cifra che raggiungerebbe 50 miliardi complessivamente in Europa, se queste iniziative fossero estese a tutti gli Stati membri. Il costo totale del cancro nel Vecchio Continente è pari, ogni anno, a 126 miliardi di euro, in Italia a circa 16. Servono risorse per garantire l’accesso alle terapie migliori a tutti cittadini e il tema della sostenibilità dei sistemi sanitari è al centro dell’agenda del 50° Congresso ASCO, in corso a Chicago fino al 3 giugno. Da Chicago l’AIOM lancia un appello al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, perché i sei mesi di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea diventino il “semestre della prevenzione contro il cancro”. Nel 2012, le nuove diagnosi nel Vecchio Continente sono state 3.450.000, con 1.750.000 morti, pari a 3 decessi al minuto. “Chiediamo che l’Italia si candidi a capitale europea della prevenzione oncologica – ha spiegato il presidente AIOM, Stefano Cascinu -. Un titolo che potrà essere ricoperto da ogni Paese chiamato ad assumere la presidenza UE. Promuovendo però iniziative concrete. Solo così i risparmi potranno essere significativi. Emblematica l’esperienza del progetto ‘Non fare autogol’, giunto alla quarta edizione: i medici dell’AIOM sono entrati nelle scuole superiori con i calciatori della serie A per insegnare agli studenti le regole per seguire stili di vita corretti. Quest’anno hanno partecipato quasi 7000 ragazzi. E, nel semestre di presidenza della UE, realizzeremo iniziative ancora più incisive. Se si considera l’impatto delle neoplasie nell’Unione Europea, è difficile pensare che il ‘problema cancro’ sia poco rilevante, sia in termini epidemiologici che finanziari”. Il tumore più costoso in UE è quello al polmone (18.8 miliardi ogni anno), seguito dal seno (15 miliardi), dal colon-retto (13.1 miliardi) e dalla prostata (8.43 miliardi). “E proprio sul carcinoma polmonare – ha continuato il presidente AIOM – la nostra società scientifica a partire da giugno avvierà una campagna di sensibilizzazione sui danni anche del fumo passivo. La sopravvivenza dei pazienti oncologici in Italia è pari e, per alcuni tipi di tumore, superiore alla media europea. Lo scenario è chiaro. Nei prossimi anni assisteremo a un incremento costante della popolazione anziana, nel 2030 il 30% degli italiani sarà costituito da over 65. Ma le risorse a disposizione diminuiscono. E il carico dell’assistenza sanitaria e sociale in campo oncologico diventerà più pesante: nel 2013 erano 2.800.000 i pazienti con storia di cancro, nel 2020 saranno circa 4.500.000. Per rispondere alle loro richieste di salute, serve un patto sull’appropriatezza prescrittiva che riunisca tutti gli attori coinvolti: l’accademia, i clinici, gli enti regolatori, l’industria farmaceutica e i pazienti”. “La storia naturale di alcune patologie oncologiche – ha continuato Stefania Gori, segretario AIOM – è radicalmente cambiata, grazie alle conoscenze biologiche acquisite nel corso degli anni e ai nuovi trattamenti. Basti pensare a due neoplasie a forte incidenza come quelle del colon retto e del seno: non solo riusciamo a individuarle con lo screening in fase precoce e a guarirle grazie a terapie innovative, ma anche la sopravvivenza nella fase metastatica è migliorata in modo significativo per effetto di trattamenti sempre più efficaci. Nel colon-retto in 15 anni è passata dai 6-9 mesi agli attuali 30-36 e, nel tumore al seno, l’effetto combinato di screening e terapia adiuvante ha contribuito a ridurre la mortalità del 30%”.


SOPRAVVIVENZA GLOBALE IN PAZIENTI CON NSCLC AVANZATO CON MUTAZIONI COMUNI DI EGFR: ANALISI CONGIUNTA DI DUE AMPI STUDI DI FASE III (LUX-LUNG 3 E LUX-LUNG 6) CHE HANNO COMPARATO AFATINIB CON CHEMIOTERAPIA
In questa analisi congiunta degli studi LUX-Lung 3 (LL3) e LUX-Lung 6 (LL6), presentata al 50° congresso annuale ASCO 2014 (leggi abstract), afatinib ha offerto una sopravvivenza globale (OS) significativamente migliorata, rispetto alla chemioterapia (mediana: 27.3 vs 24.3 mesi, HR = 0.81, IC: 0.66 – 0.99; p = 0.037), e gli HR individuali di OS dei due studi erano in linea con i dati ottenuti da questa analisi congiunta. Tra i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) con Del19, HR è risultato uguale a 0.59 (IC: 0.45 – 0.77; p < 0.001) e, tra quelli con mutazione L858R, HR era pari a 1.25 (IC: 0.92 – 1.71; p = 0.160). L’analisi congiunta ha incluso 631 dei 709 pazienti totali con NSCLC, randomizzati negli studi LUX-Lung 3 e LUX-Lung 6, che presentavano mutazioni EGFR comuni (335 pazienti con Del19; 276 pazienti con mutazione L858R): 419 hanno ricevuto afatinib e 212 chemioterapia. Al momento dell’analisi (gennaio 2014), 404 pazienti (64%) erano deceduti e il follow-up mediano per la valutazione di OS è stato di 36.5 mesi. Dopo la progressione, il 78% dei pazienti aveva ricevuto successive terapie sistemiche (mediana: 3 regimi): il 68% nel gruppo con chemioterapia aveva ricevuto inibitori delle tirosin-chinasi, anti-EGFR, e il 70% nel gruppo con afatinib aveva ricevuto chemioterapia. I risultati aggiornati di PFS e sicurezza erano anch’essi in linea con i precedenti dati primari. Afatinib è un bloccante orale della famiglia ErbB, irreversibile, del segnale EGFR (epidermal growth factor receptor), HER2, ErbB3 e ErbB4. Lo studio LUX-Lung 3 ha comparato afatinib con cisplatino/pemetrexed in 345 pazienti arruolati in vari centri di Stati Uniti, Germania, Cina, Giappone, Irlanda, Canada e Tailandia, mentre lo studio LUX-Lung 6 ha comparato afatinib con gemcitabina/cisplatino in 364 pazienti asiatici. L’analisi primaria, condotta nel 2012, aveva indicato una sopravvivenza libera da progressione (PFS) migliore nei pazienti trattati con afatinib, rispetto alla chemioterapia, nella popolazione globale con tumore positivo alle mutazioni di EGFR (LL3: HR = 0.58; LL6: HR = 0.28) e nei pazienti con mutazioni EGFR comuni (Del19/L858R) (LL3: HR = 0.47; LL6 : HR = 0.25). La FDA ha approvato afatinib per il trattamento di prima linea dei pazienti con NSCLC in stadio avanzato con mutazioni EGFR comuni. Nello studio LUX-Lung 3, pazienti naïve al trattamento, con NSCLC in stadio IIIB/IV con mutazioni EGFR sono stati randomizzati (2:1) ad afatinib (40 mg) o a 6 cicli, al massimo, di chemioterapia standard e stratificati per mutazione EGFR e razza. Endpoint primario era la PFS, mentre la OS era un endpoint secondario chiave; durante lo studio sono stati registrati tutti gli eventi avversi. In conclusione, questa analisi congiunta degli studi LUX-Lung 3 e LUX-Lung 6 indica che il trattamento di prima linea con afatinib migliora la sopravvivenza globale nei pazienti con NSCLC avanzato con mutazioni di EGFR comuni (come Del19 e L858R), rispetto alla chemioterapia. Secondo gli autori, questa è la prima analisi che mostra che la terapia diretta verso il genotipo nei pazienti con mutazioni EGFR può migliorare la loro sopravvivenza.

MITO-11: STUDIO RANDOMIZZATO, MULTICENTRICO, DI FASE II, CHE HA ESAMINATO L’AGGIUNTA DI PAZOPANIB A PACLITAXEL SETTIMANALE NEL TUMORE OVARICO AVANZATO RESISTENTE O REFRATTARIO AL PLATINO
Pochi farmaci sono disponibili per il trattamento delle pazienti con tumore ovarico avanzato resistente o refrattario al platino e la loro efficacia è comunque limitata. Cresce, tuttavia, l’evidenza sull’efficacia dei farmaci anti-angiogenici nel tumore ovarico avanzato. Pazopanib è un inibitore multi-chinasico orale di VEGFR-1, -2, -3, PDGFR-alfa e -beta e di c-Kit, con proprietà anti-angiogeniche. Tutte le pazienti con tumore ovarico avanzato in progressione durante o entro 6 mesi dall’ultima chemioterapia contenente platino, di età ≤ 75 anni, PS ECOG compreso tra 0 e 1, erano eleggibili allo studio randomizzato, comparativo, multicentrico italiano, di fase II (MITO-11), con paclitaxel in somministrazione settimanale (80 mg/m2 ai giorni 1, 8 e 15 ad ogni ciclo di 28 giorni) vs paclitaxel settimanale e pazopanib (800 mg/giorno), entrambi somministrati fino a progressione della malattia. Endpoint primario dello studio presentato al 50° congresso annuale ASCO 2014 (leggi abstract) era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Per rilevare un hazard ratio (HR) di 0.65, prolungando la PFS mediana da 3 a 4.6 mesi, con alfa a una coda = 0.20 e un potere dello studio dell’80%, è stato calcolato che dovevano verificarsi 61 eventi, quindi sono state pianificate 72 pazienti. Lo studio è stato in parte supportato da GSK. I ricercatori hanno arruolato 74 pazienti (37 in ciascun braccio) in 11 centri in Italia. L’età mediana era 57 anni, il 46% delle pazienti aveva ricevuto solo un precedente trattamento contenente platino, il 24% era risultata refrattaria al platino e nessuna aveva ricevuto bevacizumab. Entro il 24 gennaio 2014, con un follow-up mediano di 12.5 mesi (IC 95%: 11.6 – 16.3), erano stati registrati 66 eventi di PFS e 34 decessi. La PFS mediana è risultata pari a 3.5 mesi (IC 95%: 2.0 – 5.7) con paclitaxel settimanale e a 6.3 mesi (IC 95%: 5.4 – 11.0) con la combinazione di paclitaxel settimanale e pazopanib (test log-rank a una coda p = 0.0008; HR 0.45, IC 95%: 0.27 – 0.75). La sopravvivenza globale mediana era 14.8 mesi (IC 95%: 9.1 – n.d.) con paclitaxel settimanale e 18.7 mesi (IC 95%: 11.5 – n.d.) con paclitaxel settimanale e pazopanib (p = 0.07; HR 0.60, IC 95%: 0.30 – 1.21). Non sono stati osservati decessi per tossicità. Neutropenia (p = 0.0007, test esatto di Wilcoxon-Mann-Whitney), ipertensione (p < 0.0001), diarrea (p = 0.0002), mucosite (p = 0.0007), AST/ALT (p = 0.019), neuropatia sensoriale (p = 0.025) e altri eventi neurologici (p = 0.023) erano più frequenti e severi nel braccio con pazopanib. Tossicità di grado 3 – 4 si è manifestata in 8 pazienti (22%) trattate con paclitaxel settimanale e in 20 (54%) di quelle trattate con la combinazione di paclitaxel settimanale e pazopanib (Chi square, p = 0.0025). In conclusione, l’aggiunta di pazopanib a paclitaxel settimanale nel trattamento delle pazienti con tumore ovarico avanzato resistente o refrattario a platino potrebbe offrire un significativo prolungamento della sopravvivenza libera da progressione e della sopravvivenza globale. I ricercatori italiani supportano dunque la continuazione della sperimentazione con uno studio di fase III.

STUDIO POEMS-SWOG S0230 DI FASE III CON UN ANALOGO LHRH DURANTE LA CHEMIOTERAPIA PER LIMITARE L’INSUFFICIENZA OVARICA IN PAZIENTI CON TUMORE MAMMARIO NEGATIVO AI RECETTORI ORMONALI IN STADIO INIZIALE: STUDIO INTERNAZIONALE DI INTERGRUPPO DI SWOG, IBCSG, ECOG E CALGB (ALLIANCE)
L’insufficienza ovarica prematura è una tossicità comune del trattamento chemioterapico. Il rischio dipende dal tipo e dalle dosi di chemioterapia, dall’età e forse anche dal ciclo ovarico al momento della somministrazione della chemioterapia. POEMS (Prevention of Early Menopause Study) è uno studio randomizzato di fase III, coordinato da SWOG, che ha valutato se la somministrazione di un analogo LHRH (luteinising hormone releasing hormone), durante la chemioterapia per il tumore mammario in stadio iniziale, possa limitare l’insufficienza ovarica prematura. Pazienti in premenopausa, di età < 50 anni, con tumore mammario ER/PR-negativo in stadio I – IIIA, che dovevano essere trattate con la chemioterapia, sono state randomizzate a chemioterapia standard contenente ciclofosfamide, in associazione o meno a goserelin (3.6 mg sottocute ogni 28 giorni), a partire da una settimana prima l’inizio del trattamento chemioterapico. Endpoint primario era l’insufficienza ovarica prematura a 2 anni, intesa come amenorrea nei 6 mesi precedenti e livelli di FSH in post-menopausa. Endpoint secondari erano le gravidanze e la sopravvivenza. Tutti gli endpoint sono stati analizzati con regressione multivariata dopo aggiustamento per i fattori di stratificazione (età e regime chemioterapico). In totale, nel periodo febbraio 2004 – maggio 2011, sono state arruolate 257 pazienti. Tra le 218 pazienti valutabili, il 62% aveva dati completi per l’endpoint primario. I ‘dropout’ (n = 83) erano per la maggior parte dovuti a decesso (n = 29) o a mancanza dei dati di FSH. Non è stata osservata forte evidenza di dati informativi persi tra i bracci, secondo i fattori di stratificazione (p > 0.05). I tassi di insufficienza ovarica prematura erano 22% nel braccio con terapia standard e 8% nel braccio con goserelin (OR = 0.30, IC 95%: 0.10 – 0.87; p = 0.03, in analisi non aggiustata; OR = 0.36, IC 95%: 0.11 – 1.14; p = 0.08, in analisi di regressione logistica aggiustata). In un’analisi di sensibilità per definire più liberamente l’insufficienza ovarica prematura a 2 anni, come amenorrea o livelli elevati di FSH, il 45% delle pazienti nel braccio con terapia standard e il 20% in quello con goserelin ha manifestato insufficienza ovarica prematura (OR = 0.29, IC 95%: 0.12 – 0.70; p = 0.006). Nello studio presentato al 50° congresso annuale ASCO 2014 (leggi abstract), sono state osservate 13 gravidanze nel braccio a terapia standard e 22 in quello con goserelin (OR = 2.22, IC 95%: 1.00 – 4.92; p = 0.05). Anche la sopravvivenza libera da malattia (DFS) e la sopravvivenza globale (OS) sono risultate migliori nel braccio con goserelin (regressione di Cox, che includeva lo stadio, rispettivamente: HR = 0.49, IC 95%: 0.24 – 0.97; p = 0.04 e HR = 0.43, IC 95%: 0.18 – 1.00; p = 0.05). In conclusione, la somministrazione di un analogo LHRH in combinazione alla chemioterapia è stata associata a una minore insufficienza ovarica prematura e a un numero maggiore di gravidanze nelle donne con tumore mammario in premenopausa. In un’analisi esplorativa, l’uso di goserelin in queste donne con tumore mammario ER-negativo è stato associato a migliore sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale.

STUDIO COG-AGE: DECLINO DELLE FUNZIONI COGNITIVE IN PAZIENTI ANZIANE CON TUMORE MAMMARIO LOCALIZZATO DOPO TERAPIA ADIUVANTE
Deficit cognitivi sono stati descritti in pazienti sottoposte a chemioterapia per un tumore. Malgrado la maggiore propensione ai deficit cognitivi correlati all’età, che possono peggiorare durante la chemioterapia, le pazienti anziane sono state poco studiate. Lo studio presentato al 50° congresso annuale ASCO 2014 (leggi abstract) ha valutato l’impatto della terapia adiuvante sulle funzioni cognitive oggettive e soggettive misurate al basale in pazienti anziane con tumore mammario localizzato. I ricercatori francesi hanno arruolato donne di età > 65 anni con tumore mammario localizzato e le hanno comparate a un campione di donne sane della stessa età e livello di istruzione. Memoria episodica (autobiografica) e di lavoro (dichiarativa), funzioni esecutive e velocità del processo di informazione sono state valutate con test neuropsicologici al momento basale e alla fine del trattamento adiuvante (o allo stesso intervallo di tempo nelle donne sane). Sono stati utilizzati questionari per indagare declino cognitivo soggettivo, ansia, depressione e fatigue ed è stata condotta anche la valutazione geriatrica. I punteggi neuropsicologici longitudinali sono stati analizzati con il ‘Reliable Change Index’ di Iverson per controllare gli effetti sulla pratica. I risultati sono basati sull’analisi di 119 pazienti anziane con tumore mammario localizzato (età: 71 ± 4 anni), di cui 58 avevano ricevuto chemioterapia (CT) e 61 solo radioterapia (RT), vs 62 donne sane (età: 71 ± 5 anni). Le caratteristiche del campione erano: mastectomia nel 28%, stadio I – II nell’87%, positività ai recettori ormonali nell’88%, tumore HER2-positivo nel 17% delle pazienti. I punteggi medi di ‘Attività Giornaliera’ (ADL) e ‘ADL strumentale’ erano rispettivamente 6 ± 0.09 e 0.24 ± 0.79. Dopo il trattamento adiuvante, il 49% delle pazienti manifestava declino cognitivo oggettivo, rispetto alle ‘performance’ delle donne sane. Il principale declino cognitivo oggettivo riguardava la memoria di lavoro e quella episodica verbale (rispettivamente del 25 e 15%), ma nessuna differenza significativa sul declino cognitivo è stata osservata tra i due gruppi di pazienti trattate con CT o RT. Solo le pazienti trattate con CT hanno sviluppato più spesso deterioramento degli aspetti cognitivi e della qualità di vita e fatigue rispetto alle donne sane (rispettivamente: p = 0.002, p = 0.04 e p = 0.008). In conclusione, secondo gli autori questo è il primo ampio studio longitudinale che ha valutato la funzione cognitiva dopo terapia adiuvante in pazienti anziane con tumore mammario localizzato. Le pazienti sono risultate più a rischio di un peggioramento cognitivo oggettivo durante il trattamento, rispetto alle donne sane. Il deterioramento delle funzioni cognitive e della qualità di vita e fatigue sono le principali alterazioni riportate dalle pazienti dopo la chemioterapia; tuttavia, gli autori non hanno evidenziato un impatto deleterio della chemioterapia sulle funzioni cognitive oggettive.

VALUTAZIONE MOLECOLARE DEL TUMORE PRIMARIO E DELLE METASTASI EPATICHE SINCRONE IN PAZIENTI CON CARCINOMA DEL COLON-RETTO DOPO CHEMIOTERAPIA CONTENENTE CETUXIMAB
L’eterogeneità molecolare nel tumore primario e nelle metastasi epatiche del tumore del colon-retto non è ancora ben definita. Il ‘Next Generation Sequencing’ (NGS) potrebbe aumentare, nella pratica clinica, la possibilità di identificare molteplici alterazioni molecolari motrici per identificare nuove terapie. Questo studio, presentato al 50° congresso annuale ASCO 2014 (leggi abstract), ha valutato le mutazioni nell’esone 2 di KRAS ‘wild-type’ del tumore primario e delle metastasi epatiche sincrone di carcinoma del colon-retto in pazienti sottoposti a chemioterapia contenente cetuximab. I ricercatori dell’Ospedale S. Orsola-Malpighi di Bologna hanno condotto un’analisi genomica in 7 pazienti con metastasi epatiche sincrone di tumore del colon-retto, sia prima della chemioterapia su una biopsia di tumore primario, che dopo chemioterapia su un campione chirurgico di tumore primario e su tutte le metastasi epatiche sincrone di tumore del colon-retto. Sono state esaminate in totale 54 lesioni. ‘DNA library’ sono state generate utilizzando ‘Ion AmpliSeq Colon and Lung Cancer Panel’ che includeva 22 geni mutati (KRAS, EGFR, BRAF, PIK3CA, AKT1, ERBB2, PTEN, NRAS, STK11, MAP2K1, ALK, DDR2, CTNNB1, MET, TP53, SMAD4, FBXW7, FGFR3, NOTCH1, ERBB4 , FGFR1, FGFR2) e sequenziate su un ‘Ion PGM system’. Tutti i pazienti hanno ottenuto risposta parziale, con una sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana di 11 mesi (range: 4 – 15). L’analisi molecolare dei geni correlata con la terapia targeted è riportata nel dettaglio nella tabella presentata al congresso: il paziente 1 ha mostrato eterogeneità nel tumore primario, prima e dopo chemioterapia, con selezione clonale di KRAS mutato ed espressione correlata del ‘pattern’ mucinoso e nelle metastasi epatiche sincrone di tumore del colon-retto le differenze erano: 5/9 KRAS mutato nell’esone 2, 1/9 PIK3CA mutato nell’esone 20, 2/9 KRAS mutato nell’esone 2 e PIK3CA nell’esone 20. Nel paziente 7 è stato identificato NRAS mutato nell’esone 2 nel tumore primario, sia prima che dopo chemioterapia; differenze in metastasi epatiche sincrone di tumore del colon-retto erano: 3/5 nessuna mutazione, 1/5 NRAS mutato nell’esone 2 e 1/5 PIK3CA mutato nell’esone 20. Gli altri casi hanno mostrato mutazioni rare, come SMAD4 (paziente 2), TP53 (paziente 2, 5, 6 e 7), FBXW7 (paziente 1). In conclusione, i dati preliminari di questo studio italiano suggeriscono un potenziale ruolo di ‘Next Generation Sequencing’ nella valutazione della resistenza biologica al farmaco che influenza la futura strategia dei trattamenti sequenziali.

Fonte ASCO
Supplemento ad AIOM News
Editore Intermedia
Direttore responsabile
Mauro Boldrini

Lo speciale ASCO 2014 N.1 è reso possibile grazie a un educational grant di Roche
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