Chicago, 5 giugno 2018 – La Prof.ssa Cora N. Sternberg, Direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma: “Sono risultati molto rilevanti. Il profilo di tollerabilità è migliore rispetto alle attuali alternative terapeutiche. E l’utilizzo di un singolo agente immunoterapico efficace e ben tollerato è meno costoso rispetto alle combinazioni di farmaci”
È efficace l’immunoterapia nei pazienti colpiti da tumore del rene metastatico mai trattati in precedenza (in prima linea). Lo dimostrano i risultati di un’analisi ad interim dalla Coorte A dello studio di fase II KEYNOTE-427 su 110 pazienti, presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), che ha valutato pembrolizumab, terapia immunoterapica anti-PD-1, nel trattamento di prima linea del carcinoma renale a cellule chiare (RCC) metastatico. I dati ad interim mostrano un tasso di risposta globale (ORR) del 38,2% nei pazienti che hanno ricevuto pembrolizumab in monoterapia in prima linea, endpoint primario dello studio.In un’analisi esplorativa prespecificata di sottogruppo, basata sullo stato di PD-L1, la risposta globale era pari al 50% nei pazienti i cui tumori esprimevano PD-L1 (CPS ≥ 1). In un’analisi esplorativa prespecificata di sottogruppo, basata sulle categorie di rischio secondo l’International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium (IMDC), la risposta globale era pari al 42% nei pazienti a rischio prognostico intermedio/sfavorevole.
Questa è la prima presentazione di dati di fase II per un anti-PD-1 in monoterapia nel trattamento di prima linea del carcinoma renale a cellule chiare metastatico. Questi risultati, così come altri dati dello studio, sono stati presentati al congresso annuale ASCO (Abstract #4500). Nel 2017 in Italia sono stati stimati 13.600 nuovi casi di tumore del rene (9.000 uomini e 4.600 donne), circa l’80% è costituto dal carcinoma a cellule chiare.
“I dati di KEYNOTE-427 presentati oggi sono molto rilevanti – ha spiegato la Prof.ssa Cora N. Sternberg, Direttore dell’Oncologia Medica presso l’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma -. E’ il primo dato disponibile in prima linea con un singolo agente immunoterapico, pembrolizumab. L’efficacia in termini di risposta globale è molto promettente in tutta la popolazione, soprattutto nei pazienti con CPS ≥1 che mostrano un tasso di risposta globale pari al 50%. Questo studio ha inoltre arruolato tutte le categorie dei pazienti secondo la classificazione IMDC e le risposte si sono viste in tutti i gruppi. Il profilo di tollerabilità di pembrolizumab appare migliore rispetto alle attuali alternative terapeutiche. Sono dati considerevoli anche in termini di razionalizzazione delle risorse: l’utilizzo di un singolo agente immunoterapico efficace e ben tollerato è meno costoso rispetto alle combinazioni di farmaci. E’ importante validare i dati promettenti di questo studio di fase 2 con uno studio di fase 3 randomizzato”.
“Siamo soddisfatti dei risultati promettenti di pembrolizumab da KEYNOTE-427, il primo studio di fase II che ha valutato un anti-PD-1 in monoterapia in prima linea nei pazienti con carcinoma renale a cellule chiare“ ha aggiunto il Dr. Roy Baynes, senior vice president and head of global clinical development, chief medical officer, Merck Research Laboratories. “Questi risultati supportano gli studi di pembrolizumab in prima linea e attendiamo l’evoluzione di quelli in corso sul carcinoma a cellule renali con pembrolizumab sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci“.
MSD possiede un esteso programma di sviluppo clinico sul carcinoma a cellule renali e sta procedendo con molteplici studi registrativi potenziali con pembrolizumab, in monoterapia e in combinazione con altri trattamenti, tra cui KEYNOTE -564, KEYNOTE -426 e KEYNOTE -581.
Lo studio Keynote -427
Nello studio KEYNOTE-427 sono stati arruolati 275 pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato in due coorti: pazienti con carcinoma renale a cellule chiare (Coorte A) e pazienti con carcinoma renale non a cellule chiare (Coorte B). I pazienti in entrambe le coorti hanno ricevuto pembrolizumab (200 mg in dose fissa per via endovenosa ogni tre settimane) fino a progressione della malattia, tossicità inaccettabile o fino a un massimo di 24 mesi nei pazienti che non mostravano progressione della malattia.