La morte di Nkosi, 12 anni sieropositivo
Sono passati vent’anni da quando l’Aids ha fatto la su comparsa nel mondo occidentale, ma sembra che da molto prima si aggirasse per l’Africa. Dal 1930, sembra, da quando il virus dell’Aids della scimmia (chiamato Siv) è passato all’uomo per uno di quei frequenti salti di specie che altri microrganismi patogeni fanno con grande facilità. Il virus (diventato ora Hiv) ha galoppato infettando milioni e milioni di persone in tutti i Paesi di tutti i continenti. Dopo i primi anni, durante i quali l’epidemia di morte per l’Aids sembrava inarrestabile, la potente macchina della ricerca occidentale si è mossa ed è riuscita a cavar fuori l’ormai famoso cocktail di farmaci che permette a tanti, pur senza guarirli, di controllare l’infezione e condurre una vita “quasi” normale, malgrado il gran numero di pasticche. Quanto è avvenuto nei Paesi occidentali non è stato però casuale. E’ stato realizzato a tempo di record certo grazie agli ingenti investimenti pubblici e privati che hanno permesso approcci scientifici innovativi. Ma anche grazie alla capacità di tanti ricercatori di capire e di riconoscere gli errori e tornare indietro e ricominciare da capo. Ecco, l’Aids è anche stato (e continua ad essere) una grande lezione di umiltà. Troppi “errori” (tanto che si parlava di una malattia esclusiva degli omosessuali fino all’illusione di poter guarire) ci hanno insegnato ad essere più prudenti. Tuttavia in cinque anni in Italia siamo passati da cinquemila morti per Aids ogni anno a circa duecento. E questo è successo ovunque nel mondo fra quanti hanno acceso alle cure più moderne. Certo, nessuno è ancora guarito, i farmaci che abbiamo a disposizione spesso falliscono, ma la ricerca continua e sono certo che riusciremo a rendere sempre più serena la vita dei tanti che hanno contratto il virus Hiv.Quello che resta da fare è praticamente… tutto. Occorre certo migliorare le condizioni di vita dei nostri malati ma bisogna anche continuare a lavorare nella prevenzione perché sarebbe un errore mortale considerare l’Aids come in via di estinzione nei Paesi occidentali. Soprattutto occorrerà trovare il vaccino, che probabilmente non sarà “un” vaccino ma di nuovo “un” cocktail di tanti vaccini. Ma nel frattempo bisogna tentare di trasferire, là dove l’Aids continua devastare intere generazioni di giovani, cioè in Africa e nel Sud del mondo, tutto quello che abbiamo qui: i farmaci, la prevenzione, la possibilità di affrontare la malattia. Certo le disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo nell’accesso alla salute non sono solo un problema dell’Aids. Basti pensare che disponiamo di un vaccino contro il morbillo che costa poche lire ma che quattrocentomila bambini ogni anno muoiono di morbillo nel Sud del mondo. Forse l’Aids potrà essere usato per affrontare tutto ciò. Grazie all’impatto anche mediatico dell’epidemia si stanno ridiscutendo i prezzi di prodotti essenziali (come i farmaci), che non potranno più costare allo stesso modo nel Nord e nel Sud del mondo. Ed ecco mesi fa l’appello del segretario generale dell’Onu alle nazioni più ricche del pianeta per costruire un grande fondo internazionale della salute. E’ stato calcolato che per portare le cure e la prevenzione nel Sud del mondo, non soltanto per l’Aids ma anche per tante altre malattie che devastano questo continente come la malaria e la tubercolosi, ci vorrebbero ventimila miliardi l’anno per almeno dieci anni. Sembrano tanti ma nono sono niente se pensiamo q quanto ogni Paese industrializzato spende (e talvolta dilapida). Certo, creare un fondo è solo un picco,o inizio; occorrerà poi governarlo e vigilare che venga usato bene. Ci vorrà anche tanto rinnovato impegno da parte dei Paesi africani che pur vittime dell’Aids hanno anche una buona dose di responsabilità: per troppi anni hanno negato addirittura che esistesse il problema dell’Aids e di certo non hanno sempre considerato la salute dei propri cittadini come una priorità assoluta.
Il nostro Paese è sempre stato all’avanguardia nella ricerca scientifica contro l’Aids. Il grande progetto italiano di ricerca sull’Aids, coordinato dall’Istituto superiore di sanità , è diventato famoso in tutto il mondo per rigore scientifico e in fato di risultati ottenuti. L’Italia si è anche distinta sia per l’impegno internazionale, sia per le capacità di collaborare con le grandi istituzioni scientifiche americane ed europee, sia anche nel portare aiuti concreti al Sud del mondo. Sono sicuro che continuerà ad essere in prima linea.