Nei pazienti con cancro polmonare metastatico non a piccole cellule (NSCLC) le cure palliative precoci offrono un miglioramento significativo della qualità di vita e dell’umore. Rispetto ai pazienti che ricevono i trattamenti standard, quelli sottoposti a cure meno aggressive mostrano anche un prolungamento della vita. I pazienti con carcinoma metastatico NSCLC presentano una serie di sintomi caratteristici e possono ricevere cure molto aggressive negli stadi terminali della malattia. Ricercatori statunitensi hanno valutato l’effetto dell’introduzione di queste cure subito dopo la diagnosi sugli esiti descritti dai pazienti stessi e sulle cure di fine-vita in pazienti ambulatoriali. Hanno per questo randomizzato pazienti con carcinoma metastatico NSCLC di nuova diagnosi a ricevere cure palliative precoci integrate o meno alla terapia oncologica standard. La qualità di vita e l’umore sono stati valutati al momento dell’entrata nello studio e 12 settimane dopo con l’uso della scala di Functional Assessment of Cancer Therapy–Lung (FACT-L) e della Hospital Anxiety and Depression Scale, rispettivamente. Obiettivo primario dello studio, pubblicato nella rivista New England Journal of Medicine (
leggi articolo integrale), era la modificazione della qualità di vita di questi pazienti a 12 settimane. I dati sulle cure di fine-vita sono stati ottenuti dalle cartelle mediche elettroniche. Dei 151 pazienti randomizzati, 27 sono deceduti entro le 12 settimane e 107 (86% dei rimanenti) hanno completato lo studio. I pazienti assegnati alle cure palliative precoci hanno mostrato una migliore qualità di vita rispetto ai pazienti assegnati alla terapia standard (media alla scala FACT-L, dove i valori variano da 0 a 136, con i punteggi più alti che indicano una migliore qualità di vita: 98.0 vs 91.5; p = 0.03). Inoltre, un numero inferiore di pazienti nel gruppo in terapia palliativa, rispetto a quelli in terapia standard, ha manifestato sintomi depressivi (16% vs 38%; p = 0.01). Sebbene meno pazienti nel gruppo in cure palliative abbiano ricevuto trattamento aggressivo di fine-vita (33% vs 54%; p = 0.05), la sopravvivenza mediana era più lunga in questo gruppo (11.6 mesi vs 8.9 mesi; p = 0.02).