La prevenzione dell’epatocarcinoma sembra essere più favorevole in termini di costo-efficacia per la sanità pubblica nelle popolazioni a rischio in Australia ed è preferibile alla sorveglianza del tumore, come strategia di controllo. In Australia, le popolazioni di origine asiatica sono 6-12 volte più a rischio di sviluppare epatocarcinoma dei nativi. Ricercatori australiani hanno sviluppato un modello per la previsione delle conseguenze sanitarie di diverse strategie di trattamento dell’epatite B cronica (CHB) in persone adulte originarie dell’Asia di età superiore ai 35 anni. Un modello di Markov è stato utilizzato per comparare la sorveglianza spinta per epatocarcinoma (‘sorveglianza’) oppure la stessa accompagnata da trattamento per la CHB (‘prevenzione’) rispetto alla pratica utilizzata relativa a un trattamento limitato della CHB (‘pratica standard’). I pazienti sono stati stratificati e gestiti secondo le categorie di rischio, sulla base della carica virale di HBV e dei livelli di ALT. Gli autori dello studio, pubblicato nella rivista Journal of Hepatology (
leggi abstract originale), hanno determinato i costi, gli esiti sanitari (casi di epatocarcinoma e decessi evitati, anni guadagnati in termini di qualità di vita e incremento del rapporto costo/efficacia). La ‘sorveglianza’ verrebbe a costare una media di 8479 Au$ per persona, rispetto a 2632 Au$ per la ‘pratica standard’, risultando in 0.014 anni guadagnati in termini di qualità di vita (401516 Au$ per anno). La strategia di ‘prevenzione’ invece costerebbe in media 14600 Au$ per persona, che porta a 0.923 anni guadagnati in termini di qualità di vita (23956 Au$/anno), una riduzione dei casi di cirrosi del 52%, della diagnosi di epatocarcinoma del 47% e dei decessi legati a CHB del 56%, rispetto alla ‘pratica standard’.
Nell’editoriale, Shermann [J Hepatol 2009;50(5):854] ha evidenziato vari aspetti da considerare in relazione allo studio di Robotin et al. Il primo riguarda le linee guida per lo screening del carcinoma epatico che sono al momento molto ampie e saranno messe a punto in futuro man mano che saranno disponibili nuove informazioni riguardo al rischio di sviluppare epatocarcinoma. Altro punto importante che riguarda lo screening sono i valori di laboratorio (ALT, ecc.) e infine, altri fattori da considerare sono la sieroconversione, oltre al trattamento dell’epatite C. A questo proposito, le linee guida dell’EASL stabiliscono come la prevenzione della cirrosi e dell’epatocarcinoma possano essere attuate. Non è necessario, secondo Shermann, aspettare studi randomizzati controllati per stabilire che il rischio di epatocarcinoma si possa abbassare con la prevenzione dell’HBV. Il carcinoma epatico, d’altra parte, è in aumento oggi quale conseguenza dell’epidemia di epatite C degli anni ’50-60 e come risultato della forte immigrazione dai Paesi asiatici ad alta prevalenza di infezione da epatite B.