Il ruolo e la dose di anticoagulanti nella tromboprofilassi dei pazienti oncologici che ricevono chemioterapia attraverso cateteri venosi centrali (CVC) è ancora materia controversa. Ricercatori afferenti al WARP Collaborative Group hanno valutato la possibile riduzione delle trombosi, legate a presenza di CVC, con la somministrazione di warfarin e determinato la dose di questo agente per ottenere l’effetto tromboprofilattico. I ricercatori hanno randomizzato, in 68 centri clinici della Gran Bretagna, 1590 pazienti oncologici di età superiore a 16 anni, che stavano ricevendo chemioterapia attraverso CVC a warfarin in dose fissa (1 mg/die) o a dose giornaliera modulata (a mantenere un rapporto internazionale normalizzato di 1.5-2.0) o a placebo. Se i clinici erano certi che i pazienti avrebbero beneficiato della terapia anticoagulante, li randomizzavano a warfarin (dose fissa o modulata). L’outcome primario era il tasso di trombosi, dovuta a catetere, sintomatica e comprovata radiologicamente. Rispetto a placebo (n = 404), il warfarin (n = 408; 324 pazienti [79%] a dose fissa e 84 [21%] a dose modulata) non ha ridotto il tasso di trombosi da CVC (24 [6%] vs 24 [6%]; rischio relativo 0.99, IC 95%: 0.57-1.72; p = 0.98). Ma, rispetto al warfarin in dose fissa (n = 471), il farmaco in dose modulata (n = 473) era superiore nella prevenzione delle trombosi legate a catetere (13 [3%] vs 34 [7%]; RR 0.38; IC 95%: 0.20-0.71; p = 0.002). Emorragie maggiori erano rare, anche se un numero maggiore è stato osservato nei pazienti trattati con il farmaco rispetto a quelli con placebo (7 vs 1; p = 0.07) e in quelli con warfarin in dose modulata rispetto a quelli in dose fissa (16 vs 7; p = 0.09). L’endpoint combinato di trombosi ed emorragie maggiori non ha mostrato differenze tra i gruppi e nemmeno beneficio sulla sopravvivenza dei pazienti. I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Lancet (
leggi abstract originale), hanno indicato che la profilassi con warfarin, rispetto a placebo, non è associata a riduzione delle trombosi da CVC o da altra causa nei pazienti con cancro e dovrebbero essere quindi considerati trattamenti alternativi.
Nell’editoriale associato all’articolo, il dott. Paolo Prandoni dell’Università di Padova ha confermato che non esiste evidenza dell’effetto preventivo del warfarin sulla trombosi che si manifesta nei pazienti oncologici ed i medici dovrebbero cercare di identificare i pazienti a più alto rischio per sottoporli al trattamento anti-trombotico.