martedì, 22 ottobre 2024
Medinews
11 Novembre 2013

‘TOP FIVE LIST’ 2013 IN ONCOLOGIA DELL’AMERICAN SOCIETY OF CLINICAL ONCOLOGY

L’American Society of Clinical Oncology (ASCO) ha appena pubblicato la seconda lista, dopo quella diffusa lo scorso anno, di pratiche oncologiche che dovrebbero essere limitate perché non supportate da evidenza o perché nocive. La ‘Top 5 list’ di raccomandazioni dell’ASCO fa parte della campagna ‘Choosing Wisely’, un’iniziativa promossa dalla Fondazione ‘American Board of Internal Medicine’ (ABIM), che ha lo scopo primario di ridurre gli sprechi in materia di spesa sanitaria e offrire al contempo le migliori cure ai pazienti oncologici. Lo scorso anno, l’ASCO è stata una delle prime nove società mediche ad appoggiare la campagna: la nuova lista è stata resa pubblica in occasione del Quality Care Symposium 2013, che si è svolto recentemente a San Diego ed è stato sponsorizzato dall’ASCO. La ‘Top 5 list’ 2013 si focalizza su 5 pratiche oncologiche che devono essere tenute sotto controllo: l’uso di farmaci antiemetici, la chemioterapia di combinazione nel tumore metastatico della mammella, le tecniche d’immagine più avanzate per la sorveglianza della malattia, l’esame di PSA (prostate-specific antigen) nel tumore della prostata e l’utilizzo delle nuove terapie target. La Fondazione ABIM ha chiesto all’ASCO di formulare una seconda lista per il 2013, perché la ‘Top 5 list’ 2012 è stata ‘ben accolta’ dagli oncologi e perché l’eliminazione di esami o procedure interventistiche non necessarie fa parte della ‘mission’ del Value in Cancer Care Task Force dell’ASCO. I costi sanitari sempre più elevati indeboliscono l’economia statunitense e, anche se le cure per il cancro rappresentano solo una frazione dei costi sanitari negli Stati Uniti, quelle oncologiche continueranno ad aumentare (da 125 miliardi di dollari nel 2010 alla proiezione di 158 miliardi di dollari nel 2020). Per preparare la ‘Top 5 list’ 2013, ai 700 membri dei comitati ASCO è stato chiesto quali aspetti delle cure oncologiche ritenessero degni di revisione: sono stati ricevuti 115 suggerimenti. Tra questi, i membri del Value in Cancer Care Task Force ne hanno selezionato 11 e 140 oncologi hanno successivamente scelto la ‘Top 5 list’, che comprende ‘suggerimenti’ che non devono dunque essere ritenuti ‘dicta’ legislativi ma ‘fondamenti di discussione’ tra medici e pazienti per la decisione della terapia e della gestione del tumore. La ‘Top 5 list’ 2013 in oncologia è stata quindi approvata dal Board of Directors dell’ASCO e pubblicata online sulla rivista Journal of Clinical Oncology (leggi articolo integrale).
Di seguito, in breve, sono richiamati i cinque punti della lista.
Numero 1 – Non somministrare antiemetici intesi per regimi di chemioterapia ad alto potere emetogeno a pazienti che iniziano chemioterapia a rischio basso o moderato di causare nausea e vomito: dovrebbe essere utilizzato ‘il giusto farmaco per la giusta circostanza’, a partire da quelli più noti e meno costosi. Gli oncologi normalmente scelgono un farmaco antiemetico sulla base della probabilità (bassa, moderata o alta) che un certo regime chemioterapico possa causare nausea o vomito, ma gli autori sono preoccupati dell’uso eccessivo di nuovi agenti, altamente efficaci e molto costosi, che non sono necessari quando si somministrano regimi chemioterapici a basso o moderato potere emetogeno. Questi farmaci, noti come antagonisti del recettore serotoninergico 5-HT3, sono appropriati per l’utilizzo con regimi chemioterapici che ‘sono quasi certi produrre nausea o vomito grave o persistente’, ma che d’altra parte possono contribuire ad innalzare i costi sanitari.
Numero 2 – Non utilizzare chemioterapia di combinazione, invece di quella con un solo farmaco, nelle pazienti con tumore mammario metastatico, a meno che non sia richiesto un sollievo immediato dei sintomi. La chemioterapia di combinazione, infatti, non prolunga la sopravvivenza globale in questo specifico tumore, a differenza di quanto avviene con il carcinoma del testicolo, il linfoma non Hodgkin a grandi cellule B, il linfoma di Hodgkin e di Burkitt e le leucemie acute, e la sua tossicità può andare a scapito della qualità di vita di queste pazienti. La chemioterapia con singolo agente è un ‘approccio testato nel tempo’ per trattare la maggior parte delle pazienti con tumore metastatico della mammella. Anche in questo caso, la scelta della chemioterapia di combinazione può far lievitare i costi sanitari. Gli autori fanno notare che ‘la combinazione di molti agenti citotossici porta chiaramente a un beneficio quando la chemioterapia è utilizzata in aggiunta alla chirurgia, potenzialmente curativa, e alla radioterapia del tumore mammario. Ma in ambito metastatico, questo non è il caso’.
Numero 3 – Evitare di utilizzare tecnologie avanzate d’immagine, come PET e PET-CT, nel follow-up di routine per rilevare la comparsa di recidiva nei pazienti che hanno completato il trattamento iniziale e non presentano segni o sintomi del tumore. PET e PET-CT, che sono procedure molto costose, non hanno provata efficacia come strumenti di sorveglianza della recidiva perché non migliorano gli ‘outcome’. Fino a quando non si avrà evidenza di alto livello, che la sorveglianza di routine con PET o PET-CT possa prolungare la vita o promuovere lo stato di salute dopo il trattamento di un tipo specifico di cancro, queste tecniche non dovrebbero essere utilizzate. Inoltre, le scansioni possono anche dare risultati falso-positivi, che a loro volta possono richiedere ulteriori indagini o procedure invasive o trattamenti non necessari al paziente, che in questo modo sarebbe esposto a ulteriori radiazioni e tossicità. Esiste invece evidenza che esami clinici e laboratoristici permettono la diagnosi di recidiva per tumori, come il linfoma non Hodgkin a grandi cellule B, che sono curabili con terapie di salvataggio.
Numero 4 – Non prescrivere l’esame del PSA (prostate-specific antigen) per lo screening del tumore della prostata in pazienti maschi che non presentano i sintomi della malattia e che abbiano aspettativa di vita inferiore a 10 anni. Gli anziani con più di 70 anni, infatti, non traggono alcun beneficio di sopravvivenza dal trattamento del tumore della prostata in età avanzata che potrebbe progredire come malattia indolente o cronica e, al contrario, si possono evitare diagnosi e trattamenti non necessari. L’esame del PSA non è risultato utile per lo screening perché molti uomini con il tumore della prostata non presentano elevati livelli di PSA o perché anche altre condizioni patologiche possono causare un aumento di questo stesso antigene. Per i pazienti con aspettativa di vita superiore a 10 anni, l’ASCO ha precedentemente emesso raccomandazione che i medici discutano con il paziente se sia appropriato il test di PSA per lo screening del tumore prostatico, anche se quest’ultima raccomandazione è in contraddizione con le linee guida della US Preventative Services Task Force, che non consiglia l’esame agli uomini, di tutte le età, altrimenti sani.
Numero 5 – Non scegliere terapie target a meno che le cellule tumorali del paziente non posseggano uno specifico biomarcatore che predica una risposta favorevole alla terapia. Le terapie target sono ‘eccezionalmente costose’, perché nuove, per il processo di sintesi e perché sotto brevetto, quindi l’uso di queste terapie dovrebbe essere limitato ai pazienti sensibili. Particolari tipi di tumore mostrano anormalità/aberrazioni genetiche che predicono la risposta alla terapie target, quindi ad esempio solo i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) con traslocazione EML4-ALK possono essere trattati con crizotinib, quelli con NSCLC metastatico con mutazioni del gene EGFR possono essere trattati con afatinib e i pazienti con melanoma che presentano mutazioni BRAF V600E o V600K possono essere trattati con vemurafenib, dabrafenib o trametinib. Infine, si deve ricordare anche che esistono rischi nell’utilizzare terapie target in assenza di evidenza di alterazione genetica per i potenziali gravi eventi avversi o la ridotta efficacia rispetto ad altre opzioni di trattamento.
In conclusione, gli autori ricordano che i consigli forniti nella seconda ‘Top 5 list’ serviranno agli oncologi a ‘prescrivere la giusta cura, in giusta misura, utilizzando le giuste tecniche, al momento giusto’. Il frutto di questi sforzi saranno cure per il cancro di valore più alto e supportato da evidenza scientifica. Al contempo, l’ASCO riconosce che la scienza e l’arte della medicina sono basate sul culto dell’individualità del malato, quindi ogni raccomandazione elencata nella ‘Top 5 list’ deve essere intesa come opportunità per gli oncologi per strutturare una proficua discussione con il paziente per individualizzare le cure.
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