L’inibitore selettivo sarebbe utile nei pazienti con cirrosi compensata e tumori caratterizzati da elevata espressione di MET
Tivantinib (ARQ 197), un inibitore orale selettivo di MET, ha mostrato in studi preliminari una promettente attività antitumorale sul carcinoma epatico, sia in monoterapia che in combinazione con sorafenib. Ricercatori italiani, coordinati dal gruppo dell’Istituto Clinico Humanitas IRCCS di Rozzano, hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di tivantinib quando somministrato in seconda linea in pazienti con carcinoma epatico in stadio avanzato. Nello studio multicentrico di fase 2, randomizzato, controllato contro placebo, in doppio cieco, ora concluso, gli autori hanno arruolato pazienti con carcinoma epatico avanzato e cirrosi in classe Child-Pugh A che avevano mostrato progressione o intolleranza alla terapia sistemica di prima linea. I pazienti sono stati randomizzati (2:1) a tivantinib (360 mg due volte al giorno) o placebo fino a progressione della malattia. La dose dell’inibitore di MET è stata abbassata a 240 mg due volte al giorno dopo osservazione dell’elevata incidenza di neutropenia di grado 3 o superiore, correlata al trattamento. La randomizzazione è stata controllata centralmente con sistema interattivo a risposta vocale e stratificazione secondo performance status ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) e invasione vascolare. Endpoint primario era il tempo alla progressione, dopo revisione radiologica indipendente nella popolazione ‘intention-to-treat’. Gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology (leggi abstract), hanno determinato l’espressione di MET nei campioni di tumore con dosaggio immunoistochimico (elevata espressione: ≥ 2+ in ≥ 50% delle cellule tumorali). In totale, 71 pazienti sono stati randomizzati a tivantinib (38 al dosaggio di 360 mg e 33 con 240 mg, due volte al giorno) e 36 a placebo. Al momento dell’analisi, 46 pazienti (65%) nel gruppo randomizzato a tivantinib e 26 (72%) in quello a placebo avevano malattia in progressione. Il tempo alla progressione è risultato prolungato nei pazienti trattati con l’inibitore di MET (1.6 mesi, IC 95%: 1.4 – 2.8) rispetto al placebo (1.4 mesi, IC 95%: 1.4 – 1.5), con un hazard ratio [HR] di 0.64 (IC 90%: 0.43 – 0.94; p = 0.04). Nei pazienti con tumori con alta espressione di MET, il tempo mediano alla progressione è risultato più lungo dopo trattamento con tivantinib che con placebo (rispettivamente 2.7 mesi, IC 95%: 1.4 – 8.5, n = 22; vs 1.4 mesi, IC 95%: 1.4 – 1.6, n = 15; HR 0.43, IC 90%: 0.19 – 0.97; p = 0.03). I più frequenti eventi avversi di grado 3 o superiore, nel gruppo trattato con tivantinib, erano neutropenia (10 pazienti [14%] vs nessuno con placebo) e anemia (8 pazienti [11%] vs nessuno con placebo). Otto pazienti (21%) nel gruppo trattato con il dosaggio più elevato di tivantinib hanno manifestato neutropenia di grado 3 o superiore, rispetto a 2 soli pazienti (6%) nel gruppo trattato con 240 mg due volte al giorno. Quattro decessi per neutropenia grave sono stati correlati al trattamento con l’inibitore di MET, mentre 24 pazienti (34%) nel gruppo trattato con tivantinib e 14 (39%) con placebo hanno manifestato eventi avversi gravi. In conclusione, tivantinib potrebbe rappresentare una valida opzione di trattamento di seconda linea nei pazienti con carcinoma epatico avanzato e cirrosi epatica ben compensata, in particolare in quelli con tumori con elevata espressione di MET, ma sono necessarie conferme in studi di fase 3, ad un dosaggio iniziale di tivantinib di 240 mg due volte al giorno.Liver Cancer Newsgroup – Numero 1- Gennaio 2013