Una chemioterapia mirata e il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSC), nell’ambito di una strategia globale di stratificazione del rischio basata sulle caratteristiche genetiche e sui valori della malattia minima residua (MMR), potrebbe migliorare la prognosi dei pazienti pediatrici con leucemia mieloide acuta (LMA). Ricercatori statunitensi hanno cercato di raggiungere questo obiettivo applicando una terapia correlata al rischio, che si basi sulle anomalie genetiche delle cellule leucemiche e sul monitoraggio della MMR, attraverso citometria di flusso, durante il trattamento. Nel periodo 13 ottobre 2002 – 19 giugno 2008, in otto centri oncologici statunitensi sono stati arruolati 232 pazienti con LMA di nuova diagnosi (n = 206), LMA correlata a terapia o a mielodisplasia (n = 12) o leucemia a cellule miste (n = 14). I pazienti sono stati randomizzati (n = 230) in blocchi, non in cieco, e stratificati per sottotipo citogenetico o morfologico, a dosi elevate (18 g/m
2, n = 113) o basse (2 g/m
2, n = 117) di citarabina in associazione a daunorubicina ed etoposide (ADE, induzione 1). Scopo primario dello studio era valutare l’incidenza di positività della MMR nel gruppo trattato con dosi elevate vs quello con dosi basse di citarabina al giorno 22 della fase di induzione 1. L’induzione 2 consisteva nella somministrazione di ADE in associazione o meno a gemtuzumab ozogamicina (GO, anticorpo monoclonale anti-CD33), mentre la terapia di consolidamento includeva tre ulteriori cicli di chemioterapia o il trapianto di HSC. La MMR è stata usata per allocare il GO e programmare l’induzione 2. Sia la MMR che le anomalie genetiche al momento della diagnosi sono state usate per valutare la classificazione finale del rischio. I pazienti a basso rischio (n = 68) hanno ricevuto 5 cicli di chemioterapia, mentre quelli a rischio alto (n = 79) e standard (n = 69), con donatori familiari ‘matched’, erano eleggibili per il trapianto di HSC, che è stato eseguito in 48 pazienti ad alto rischio e in 8 a rischio standard. Nello studio multicentrico AML02, tutti i 230 pazienti randomizzati sono stati valutati per l’endpoint primario. Le altre analisi sono state condotte su 216 pazienti con LMA, escludendo quelli con leucemia a cellule miste. Lo studio pubblicato nella rivista The Lancet Oncology (
leggi abstract originale) ha indicato un tasso di remissione completa dell’80% (173 di 216 pazienti), dopo induzione 1, e del 94% (203 di 216), dopo induzione 2. L’insuccesso del trattamento di induzione ha interessato due decessi per effetti tossici e 10 casi di leucemia resistente ai farmaci. L’introduzione di citarabina a dosi elevate, rispetto alla bassa dose, non ha ridotto significativamente la percentuale di positività a MMR dopo induzione 1 (34% vs 42%; p = 0.17). L’incidenza cumulativa, a 6 mesi, delle infezioni di grado 3 o superiore è stata del 79.3% (SE = 4.0) per i pazienti trattati con alte dosi di citarabina e del 75.5% (SE = 4.2) nel gruppo in trattamento con basse dosi. Le percentuali di sopravvivenza libera da eventi e globale a 3 anni erano rispettivamente 63.0% (SE = 4.1) e 71.1% (SE = 3.8). L’80% dei pazienti (155 di 193) ha raggiunto un livello di MMR inferiore allo 0.1% dopo induzione 2 e l’incidenza cumulativa di recidiva per questo gruppo di pazienti era del 17% (SE = 3). Un valore di MMR uguale o superiore all’1% dopo induzione 1 era il solo fattore indipendente significativo di prognosi sfavorevole sia per la sopravvivenza libera da eventi (hazard ratio 2.41, IC 95%: 1.36 – 4.26; p = 0.003) che per quella globale (hazard ratio 2.11, IC 95%: 1.09 – 4.11; p = 0.028).