Caso clinico di una paziente con carcinoma del dotto di Bellini, sopravvivente dopo 13 mesi, che risponde al trattamento continuo con sorafenib
Il carcinoma del dotto collettore (CDC), variante molto aggressiva e rara del carcinoma renale, è caratterizzato da bassa risposta alla terapia con citochine e alla chemioterapia e bassa percentuale di sopravvivenza a lungo termine (1%; la sopravvivenza libera da progressione con gemcitabina e carboplatino o cisplatino è rispettivamente di 10.5 o 7.1 mesi). L’introduzione di inibitori della tirosin-chinasi (TKI), in particolare sorafenib e sunitinib, sta modificando lo schema di trattamento del carcinoma renale a cellule chiare, anche se pazienti con CDC sono generalmente esclusi dalla maggior parte dei trial clinici che coinvolgono l’uso di TKI. Gli unici trattamenti che apportano beneficio in questi pazienti sono la nefrectomia e l’immunoterapia. Jawaher Ansari e colleghi del Queen Elisabeth Hospital di Birmingham hanno descritto, nell’articolo pubblicato sulla rivista Onkologie (leggi abstract originale), il caso clinico di una paziente di 55 anni con massa dolorante soprascapolare che alla biopsia si dimostrava metastasi di CDC. La paziente è stata sottoposta a radioterapia locale che ha ridotto la massa, ma ha rifiutato il trattamento sistemico con interferone-alfa per gli effetti tossici. Dopo 4 mesi, la paziente ha manifestato progressione radiologica e clinica e si è quindi sottoposta a trattamento con sorafenib (400mg x 2/giorno), che ha indotto una buona risposta, sia all’osservazione clinica che radiologica (TAC dopo 4 mesi). A più di 13 mesi, la risposta è ancora evidente e la paziente continua il trattamento con sorafenib, con effetti collaterali e tossici minimi. Poiché questo è il primo caso di CDC metastatico trattato con sorafenib, il suo ruolo deve essere ulteriormente valutato.Renal Cancer Newsgroup – Numero 3 – Marzo 2009