Lo studio ribadisce l’efficacia della terapia; purtroppo un numero limitato di pazienti non sopravvive abbastanza a lungo per poter influenzare l’utilizzo dell’agente target
La prognosi del carcinoma epatico dipende dallo stadio del tumore, dal performance status (PS), dalla severità della malattia epatica sottostante e dalla disponibilità di terapie appropriate. La non disponibilità di sorafenib può avere un significativo effetto negativo sulla prognosi dei pazienti britannici che hanno sviluppato carcinoma epatico in stadio avanzato. Durante il periodo di studio, l’accesso a sorafenib era a discrezione delle istituzioni sanitarie locali che approvano l’utilizzo dei fondi, un processo che può ritardare o negare l’accesso al farmaco e che rimane tuttora attivo in Galles, Scozia e Irlanda del Nord. In questo studio pubblicato sulla rivista British Journal of Cancer (leggi abstract), ricercatori delle Università di Liverpool e di Birmingham hanno esaminato l’impatto di questo sistema sui pazienti con carcinoma epatico in stadio avanzato nel Regno Unito. Questo studio retrospettivo è stato condotto in due maggiori centri di oncologia epatobiliare del Regno Unito. Le domande di finanziamento sanitario per i pazienti con carcinoma epatico avanzato per i quali sorafenib era considerato appropriato (tumore in stadio avanzato che non aveva indicazioni per terapie loco-regionali, epatopatia cronica compensata, PS 0 – 2) erano inviate alle istituzioni locali. In totale sono state prodotte 133 domande di finanziamento per la terapia con sorafenib, di queste 57 (43%) sono state approvate e 76 (57%) negate. I fattori demografici e prognostici erano bilanciati nei due gruppi di pazienti, la coorte presentava numerose caratteristiche prognostiche avverse: i pazienti avevano PS prevalentemente compreso tra 1 e 2, la maggioranza aveva malattia multifocale con lesione maggiore > 5 cm e in un terzo dei casi erano presenti invasione vascolare macroscopica, metastasi e livelli di alfa-fetoproteina > 1000 ng/ml. Il tempo mediano dalla domanda alla decisione di conferire i fondi era 17 giorni (range: 3 – 260). In analisi primaria ‘intention-to-treat’, la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 4.1 mesi quando i fondi erano negati e 9.5 mesi se concessi (hazard ratio [HR] 0.48, IC 95%: 0.3186 – 0.7267; p = 0.0005). In conclusione, i dati dello studio supportano l’utilizzo di sorafenib come intervento efficace nei pazienti con carcinoma epatico avanzato. Nel Regno Unito, questo però si associa a un numero relativamente basso di pazienti, stimati in un totale di circa 800 per anno, che sfortunatamente non sopravvivono abbastanza per influenzare la disponibilità del farmaco. Questi dati offrono tuttavia una comparazione tra sorafenib e cure di supporto e dimostrano il potenziale impatto negativo del razionamento delle risorse sanitarie sull’esito dei pazienti sulla base dei costi.Liver Cancer Newsgroup – Numero 10 – Ottobre 2013