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Medinews
11 Febbraio 2010

SORAFENIB NEI PAZIENTI CON CARCINOMA EPATICO IN ATTESA DI TRAPIANTO

Il farmaco in trattamento neoadiuvante è efficace rispetto alla non terapia sul tumore allo stadio T2, specialmente nei sei mesi precedenti il trapianto

Il ruolo delle terapie-ponte nei pazienti con epatocarcinoma in lista d’attesa di trapianto di fegato (TF) rimane controverso. Esiste però forte evidenza che supporta l’efficacia di sorafenib nell’estendere il tempo alla progressione del carcinoma epatico. Usando un modello Markoviano, ricercatori padovani in collaborazione con colleghi statunitensi hanno comparato due strategie di intervento: una usando sorafenib in terapia neoadiuvante prima del TF (strategia A) e l’altra non utilizzando alcuna terapia-ponte nei primi 6 mesi (strategia B). I pazienti avevano ricevuto tutti diagnosi di carcinoma epatico T2, con cirrosi compensata. Il beneficio che il sorafenib offre nel prolungare il tempo alla progressione del carcinoma epatico è stato espresso come hazard ratio (HR) e dedotto da studi randomizzati recentemente pubblicati. Gli endpoint considerati sono stati: beneficio di sopravvivenza misurato in giorni valutati per qualità di vita (QALD), probabilità di trapianto, costi (C), disponibilità di pagamento (WTP) e beneficio netto di salute (NHB), dove NHB equivaleva alla differenza tra beneficio di sopravvivenza e C/WTP. La disponibilità di pagamento calcolata per sorafenib in Italia era 346 per QALD. L’analisi di sensibilità probabilistica ha mostrato un beneficio mediano di sopravvivenza di 94 QALD (percentile 10% = 38, percentile 90% = 210). In uno scenario basale (HR = 0.47, probabilità mensile di ‘drop-out’ del 5%, tempo mediano al TF = 3 mesi), il guadagno sulla probabilità di trapianto con la somministrazione di sorafenib era del 5% e il valore è aumentato proporzionalmente con l’incremento dei tempi mediani al TF e con la dimininuzione di HR. L’analisi costo-beneficio ha mostrato che l’incremento del NHB con la strategia A, rispetto alla strategia B, era di 37 QALD, ed è cresciuto con la diminuzione di HR con sorafenib e quando i tempi mediani al TF erano inferiori a 6 mesi, mentre per tempi più lunghi è diminuito gradualemente, in particolare quando la strategia B includeva trattamenti locoregionali efficaci. Quindi lo studio pubblicato nella rivista Hepatology (leggi abstract originale) conferma la validità della terapia neoadiuvante con sorafenib in termini di costo-efficacia rispetto alla non terapia nei pazienti con carcinoma T2 in attesa di TF, specialmente per tempi mediani al TF inferiori a 6 mesi.


Liver Cancer Newsgroup – Numero 2 – Febbraio 2010
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