Chemotherapy is often administered in openly designed hospital wards, where the possibility of patient-patient social influence on health exists. Previous research found that social relationships influence cancer patient’s health; however, we have yet to understand social influence among patients receiving chemotherapy in the hospital. We investigate the influence of co-presence in a chemotherapy ward. We use data on 4,691 cancer patients undergoing chemotherapy … (leggi tutto)
L’interazione sociale durante la somministrazione della chemioterapia potrebbe avere un impatto significativo sull’andamento della malattia e sull’aspettativa di vita dei pazienti oncologici: questa affermazione provocatoria è il messaggio principale di un interessante lavoro recentemente pubblicato su Network Science, e ripreso da alcuni siti di informazione scientifica. Lo studio, recentemente pubblicato, è stato condotto su 4.691 pazienti, che avevano ricevuto chemioterapia tra il 2000 e il 2009 presso due centri britannici, nei quali era possibile ricostruire l’informazione sul tempo esatto trascorso nelle stanze di somministrazione della chemioterapia, documentando quindi la presenza contemporanea di diversi pazienti nella medesima stanza. L’età mediana era pari a 60 anni; il 44% dei soggetti era di sesso maschile; il 24% dei pazienti inseriti nello studio aveva un tumore della mammella, il 9% un tumore del polmone, ed erano rappresentati tutti i principali tumori solidi.I risultati hanno documentato che la probabilità di sopravvivenza a 5 anni è maggiore per i pazienti che abbiano condiviso parte significativa del loro tempo in ospedale, durante la somministrazione della chemioterapia, con altri pazienti che siano poi sopravvissuti per almeno 5 anni. Nel dettaglio, la probabilità di decesso entro i 5 anni è risultata pari al 72% per i pazienti che avevano passato più tempo con soggetti poi deceduti prima dei 5 anni, pari al 68% per coloro che avevano interagito con soggetti vivi a 5 anni, e pari al 69,5% per i soggetti che avevano ricevuto la chemioterapia “isolati” rispetto agli altri pazienti. Jeff Lienert, primo autore del lavoro, ha sottolineato che vari aspetti del comportamento delle persone sono “modellati” da quello che hanno intorno, e fa anche notare che “una differenza di due punti percentuali può sembrare piccola, ma su grandi numeri rappresenta una differenza potenzialmente importante.” Il risultato dello studio è sicuramente provocatorio, anche se Lienert e coautori non accompagnano la descrizione dei risultati con una spiegazione convincente. Un’ipotesi è che la differenza nell’outcome possa essere collegata all’influenza dell’interazione sociale sulla risposta allo stress: in situazioni stressanti, quale la somministrazione della chemioterapia, avviene il rilascio di adrenalina e altri ormoni, e l’interazione sociale durante quei momenti può modulare tali reazioni ormonali, con conseguenze non note sulla biologia del tumore e sulla risposta al trattamento.