Nei pazienti con sospetta sindrome coronarica acuta, l’esame del livello della troponina ‘sensibile’, ottenuto abbassando la soglia di rilevamento di tale marker, determina un aumento delle diagnosi di infarto miocardico e permette di identificare i pazienti a rischio più elevato di tale evento, permettendo riduzioni di morbilità e mortalità. Lo studio diretto da Nicholas L. Mills dell’Università di Edinburgo, in Scozia, è stato condotto su pazienti ricoverati al Royal infirmary di Edinburgo prima (1.038) e dopo (1.054) l’adozione nel nosocomio scozzese della riduzione della soglia d’identificazione della necrosi miocardica (da 0,20 a 0,05 ng/mL). I pazienti sottoposti all’esame della troponina I sono stati suddivisi in 3 gruppi in base alla rilevazione ottenuta: <0,05 ng/mL, 0,05-0,19 ng/mL, e >0,20 ng/mL. Il 39% dei pazienti con concentrazioni di troponina comprese tra 0,05 e 0,19 ng/mL è deceduto o ha subito infarto miocardico ricorrente entro un anno, contro il 7% e il 24% osservato rispettivamente nei casi con concentrazioni di troponina inferiori a 0,05 ng/mL oppure pari o superiori a 0,20 ng/mL. In definitiva, la riduzione della soglia diagnostica a 0,05 ng/mL è risultata associata a un rischio inferiore di morte e recidiva di infarto miocardico (dal 39% al 21%) nei pazienti con concentrazioni di troponina comprese tra 0,05 e 0,19 ng/mL.
DoctorNews – Journal of the American Medical Association (JAMA)
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