Forse la più ampia analisi retrospettiva di singolo centro: l’agente target è risultato ben tollerato e sicuro in questi pazienti e associato a un modesto beneficio di sopravvivenza
La recidiva del carcinoma epatico, dopo il trapianto di fegato, suggerisce una prognosi sfavorevole. Scopo dello studio pubblicato sulla rivista Clinical Transplantation (leggi abstract) era valutare la sicurezza e l’efficacia di sorafenib in pazienti con recidiva del carcinoma epatico dopo il trapianto. I ricercatori della Cleveland Clinic Foundation hanno analizzato retrospettivamente un database, mantenuto prospetticamente, dei trapianti di fegato eseguiti tra il 2001 e il 2011. I 34 pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in base alla prescrizione di sorafenib o meno (n = 17 pazienti in entrambe i gruppi). Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale. I risultati non indicano differenze significative tra i due gruppi analizzati: i 17 pazienti in trattamento con sorafenib per la recidiva del carcinoma epatico hanno ricevuto una dose media giornaliera di circa 444 mg. La durata media del trattamento è stata di circa 10 mesi e gli effetti collaterali includevano trombocitopenia, diarrea, elevazione delle transaminasi, fatigue, reazione cutanea mano-piede e nausea. La sopravvivenza a 3, 6, 9 e 12 mesi e la sopravvivenza globale erano superiori nel gruppo trattato con sorafenib rispetto a quello non trattato con l’agente target. In conclusione, sorafenib può essere ben tollerato e considerato sicuro nei pazienti con recidiva di carcinoma epatico dopo il trapianto di fegato e può essere associato a un modesto beneficio di sopravvivenza. Secondo gli autori dello studio, questa è l’analisi retrospettiva di singolo centro più ampia di pazienti ai quali sia stato prescritto sorafenib per la recidiva di carcinoma epatico dopo trapianto di fegato.Liver Cancer Newsgroup – Numero 7 – Luglio 2013