Ematologi svedesi, in collaborazione con ricercatori del National Cancer Institute, National Institutes of Health di Bethesda, hanno evidenziato un rischio più alto nei parenti di pazienti con linfoma linfoplasmacitico/macroglobulinemia di Walderström (LLP/MW) di sviluppare LLP/MW, linfoma non Hodgkin (LNH), leucemia linfocitica cronica (LLC) e gammopatia monoclonale MGUS. Questo conferma l’importanza della condivisione di geni suscettibili che predispongono a LLP/MW e ad altri disordini linfoproliferativi. La pubblicazione sulla rivista Blood (
leggi abstract originale) indica un ruolo dei fattori genetici nell’eziologia del LLP/MW, basata su precedenti dati ottenuti da famiglie affette da più malattie e da studi di coorte e caso-controllo di piccole dimensioni. Gli autori hanno identificato 2144 pazienti con LLP/MW (1539 casi di MW [72%] e 605 casi di LLP [28%]) diagnosticati in Svezia, 8279 controlli di popolazione, 6177 parenti di primo grado dei pazienti e 24609 controlli. Usando un modello marginale di sopravvivenza, gli autori hanno calcolato i rischi relativi e gli intervalli di confidenza al 95% (IC 95%) come misura dell’aggregazione familiare. I parenti di primo grado dei pazienti con LLP/MW mostrano un rischio 20 (IC 95%: 4.1-98.4), 3 (2.0-4.4), 3.4 (1.7-6.6) e 5.0 (1.3-18.9) volte maggiore di sviluppare rispettivamente LLP/MW, LNH, LLC e MGUS. Non vi è evidenza di aumentato rischio di sviluppare mieloma multiplo o linfoma di Hodgkin. In analisi stratificate per tipo di parentela di primo grado (genitore, fratello/sorella, figlio/a), età del familiare alla diagnosi (> o < 70 anni) e sesso del parente di primo grado, gli autori non hanno osservato differenze significative delle stime di rischio rispetto alle altre analisi.
SIENEWS – numero 21 – 6 novembre 2008