mercoledì, 4 dicembre 2024
Medinews
27 Marzo 2009

PRESERVAZIONE DELLA FERTILITA’ IN ONCOLOGIA

Introduzione
Francesca Catalano, Presidente ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno) Comitato di Catania, Dirigente Medico I Livello, Breast Unit, Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania

Svolgendo quotidianamente l’attività di chirurgo senologo presso l’U.O. Breast Unit dell’Ospedale Garibaldi di Catania più volte mi sono imbattuta nelle problematiche non mediche che il cancro scatena.
Mi sono resa conto sin dall’inizio della mia attività che anche un ottimo medico, aggiornato sulle moderne tecniche, consapevole di dare la giusta terapia per la “sopravvivenza” da questa terribile malattia, non riesce però a colmare i disagi fisici e ancorpiù psicologici che la malattia produce.
Nella scelta degli argomenti del convegno promosso dall’ANDOS e tenutosi a Catania il primo dicembre 2007 sull’argomento della fertilità nel malato oncologico (dal quale peraltro nasce l’idea di realizzare quest’iniziativa editoriale), ho tratto spunto da una domanda emersa durante un colloquio avuto con una donna affetta da carcinoma della mammella: “cos’è la vita oltre il cancro?”
Occhi pieni di lacrime, poche domande davanti al referto istologico che inchioda i nostri assistiti alle terapie complementari strategicamente pianificate per vincere una battaglia intestina che si è accesa tra il tumore e la persona che abbiamo davanti.
Qualcuno più giovane osa chiedere stringendo la mano al partner: “potrò avere figli? quando? se li potrò avere saranno sani?” Sgomento e tristezza si mescolano per entrambe le parti che sostengono il colloquio: il nostro paziente con il partner da un lato e il medico dall’altro.
Fortunatamente possiamo dare buone notizie e chanches alla coppia che abbiamo di fronte circa la preservazione della fertilità; attraverso nuove strategie che vedono impegnati in prima linea ginecologi ed oncologi possiamo pensare a dare “nuova vita” dopo il cancro: c’è quindi la concreta possibilità, in casi selezionati, di procreare bambini sani anche dopo la malattia.
Per queste ragioni ho voluto rivolgere il convegno organizzato a Catania a tutti gli specialisti coinvolti in tale problematica, non dimenticando tuttavia l’aspetto psicologico, ma principalmente ho invitato a partecipare le donne operate e le donne che, incredule, dolo l’esperienza del cancro hanno avuto dalla vita il regalo più bello, un figlio.
Ho coinvolto l’ANDOS di cui sono presidente nella città di Catania, ho chiesto il supporto del gruppo dirigente nazionale dell’ANDOS, il presidente e il coordinatore, e ho voluto confrontare la nostra continua e fremente attività di volontariato con quella dei comitati più antichi e prestigiosi.
Ho voluto affrontare anche l’aspetto legale con particolare riguardo all’adozione.
La richiesta di adottare un bimbo dopo la malattia, in un momento di benessere psicofisico della coppia è sicuramente spinta dalla voglia di allargare la propria famiglia con lo stesso sentimento e ardore che spinge i coniugi a tentare di tutto per avere un figlio proprio.
Il ruolo dell’ANDOS in questo convegno è stato prezioso: hanno partecipato non soltanto giovani donne, che hanno incontrato nel loro cammino il cancro, ma anche donne e uomini, ex pazienti, meno giovani che hanno mostrato interesse per l’argomento, disposti, e questo è lo spirito dell’ANDOS nazionale, a vincolare i messaggi di salute, di novità strategiche in campo oncologico che possono interessare ognuno di noi, indipendentemente dal ruolo che occupiamo nella società. Voglio ringraziare per la fiducia il presidente nazionale dell’ANDOS, il professore Francesco Maria Fazio, la coordinatrice dottoressa Flori Degrassi, e le “mie” donne ANDOS che con dedizione e cura mettono a servizio degli altri la propria esperienza, il proprio vissuto doloroso e accolgono le nuove compagne con un sorriso, interpretando perfettamente il vero significato del volontario nel mondo oncologico.
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