Un’analisi retrospettiva indica che molti più pazienti potrebbero trarre beneficio dal trapianto di fegato se le attuali linee guida che definiscono i criteri di trapiantabilità fossero modificate attraverso l’utilizzo di un nuovo criterio, denominato “Up-to-seven”. I pazienti sottoposti a trapianto di fegato per epatocarcinoma (HCC), che rientrano nei criteri di Milano (tumore unico di dimensioni
≥ 5 cm o
≤ 3 masse ciascuna di dimensione
≤ 3 cm, e nessuna invasione macrovascolare, ecc.), hanno in genere una buonissima prognosi. Tuttavia, la sopravvivenza dei pazienti con tumore che non rientra nelle caratteristiche definite dai criteri di Milano rimane incerta e l’accesso alla procedura di trapianto dipende dalla massimizzazione delle cure e dalla disponibilità dell’organo. I ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, in collaborazione con il Metroticket Investigator Study Group, hanno voluto esplorare la sopravvivenza dei pazienti, con caratteristiche che non rientrano nei criteri di Milano, relativamente alla possibilità di accedere al trapianto e di derivare un modello prognostico (endpoint primario) basato sulle caratteristiche tumorali oggettive. Questo nuovo criterio, denominato “Up-to-seven” e descritto nell’articolo pubblicato in The Lancet Oncology (
leggi abstract originale), prevede che la somma delle dimensioni e del numero di masse tumorali non superi il valore complessivo di 7. I dati dei pazienti sottoposti a trapianto per HCC, pur non rientrando nei criteri di Milano, sono stati registrati in un database aggiornato da specialisti dei 36 centri, afferenti allo studio. La sopravvivenza di questi pazienti è stata correlata con le dimensioni del nodulo tumorale più grande, del numero di noduli e della presenza o meno di invasione microvascolare alla diagnosi, secondo i parametri relativi alla classificazione TNM. Lo scopo primario dello studio è stato quello di derivare un modello prognostico circa la sopravvivenza globale basato sulle caratteristiche della neoplasia, in accordo con i parametri utilizzati nella ‘Tumor Node Metastasis classification’. L’endpoint secondario era definito dall’identificazione di un sottogruppo di pazienti con HCC con caratteristiche tali da non rientrare nei criteri di Milano ma con sopravvivenza a 5 anni di almeno il 70%, cioè esiti simili a quelli attesi per i pazienti che incontrano i criteri di Milano. In un periodo di 10 mesi, tra il 25 giugno 2005 e il 3 aprile 2007, i dati di 1556 pazienti sottoposti a trapianto di fegato per HCC sono stati inseriti nel database da 36 centri: 1112 pazienti non rientravano nei criteri di Milano e 444 invece rientravano nei criteri di Milano. Nel primo gruppo di pazienti, le dimensioni medie del nodulo più grande erano di 40 mm (range 4-200 mm) e il numero medio di noduli era 4 (1-20). Di questi 1112 pazienti, 454 (41%) manifestavano invasione microvascolare e i trapiantati che non rientravano nei criteri di Milano mostravano una sopravvivenza a 5 anni del 53.6% (IC 95%: 50.1-57.0), rispetto al 73.3% (68.2-77.7) dei pazienti le cui caratteristiche patologiche sottostavano ai criteri di Milano. L’hazard ratio (HR) associato all’aumento dei valori di dimensione e del numero di noduli era 1.34 (1.25-1.44) e 1.51 (1.21-1.88), rispettivamente. L’effetto mostrava andamento lineare per quanto riguarda le dimensioni, mentre per il numero di noduli l’effetto tendeva a plateau sopra i 3 noduli. L’effetto delle dimensioni e del numero di masse tumorali sulla sopravvivenza era mediato dalla recidiva (b = 0.08; SE = 0.12; p = 0.476). La presenza di invasione microvascolare raddoppiava il rischio in tutti i casi. I 283 pazienti che non presentavano invasione microvascolare, ma che rientravano nei limiti del criterio “Up-to-seven”, mostravano una sopravvivenza a 5 anni del 71.2% (64.3-77.0).