martedì, 30 maggio 2023
Medinews
2 Aprile 2017

Long and Winding Road of Cancer and Pregnancy: A Need for Action

Cancer treatment in a pregnant woman is still a matter of debate, because life-saving therapies for the mother raise concerns about potential detrimental effects for the developing fetus. Recent data support the administration of chemotherapy from 14 weeks gestational age onward as safe for the newborn in terms of birth defects and neonatal and long-term outcomes later in childhood. The main determinant of impaired pediatric outcome is gestational age at birth, with … (leggi tutto)

La diagnosi di malattia oncologica in gravidanza rappresenta un tema ad elevato impatto emotivo. Il trattamento anti-tumorale nel periodo gestazionale suscita questioni bioetiche complesse, in quanto terapie salva-vita per la madre potrebbero ripercuotersi negativamente sulla salute fetale e infantile. Chiaramente, la gestione della paziente oncologica in gravidanza non può prescindere da una corretta valutazione multidisciplinare, per cui le principali associazioni oncologiche internazionali, negli anni, hanno elaborato linee guida specifiche a tutela della madre e del feto. Evidenze recenti suggeriscono come iniziare la chemioterapia a partire dalla 14° settimana di gestazione possa essere sicuro per il nascituro, sia a breve termine, nel senso di difetti congeniti, sia a lungo termine, nell’infanzia.
L’editoriale di Fedro A. Peccatori e Monica Fumagalli, di accompagnamento all’articolo di Lu D. et al. pubblicato sul Journal of Clinical Oncology (Lu D, Ludvigsson JF, Smedby KE, et al. ( J Clin Oncol 2017, Mar 6 [Epub ahead of print]), riporta come lo studio osservazionale svedese sia stato il primo a valutare il rischio di mortalità fetale e perinatale nelle madri con malattia oncologica diagnosticata nel corso della gravidanza o nell’anno immediatamente successivo. I dati del Registro delle nascite svedese su un campione di 3.947.215 neonati, nati tra il 1973 e il 2012, sono stati analizzati con quelli del Registro nazionale dei tumori, raggiungendo una dimensione campionaria senza precedenti. Infatti, gli studi finora disponibili avevano evidenziato come la chemioterapia materna sembra incidere sul tasso di complicanze ostetriche e sul peso alla nascita, senza poterne dimostrare l’associazione con la mortalità perinatale a causa della relativa scarsità dei numeri.
Nelle gravide con malattia oncologica, il rischio di mortalità intrauterina e neonatale risulta significativamente più alto rispetto alla popolazione svedese di riferimento, con un rischio relativo di 2,5 per la mortalità fetale e di 2,7 per quella neonatale. Per quanto riguarda i fattori di rischio, end-point secondario dello studio, il ritardo di crescita intrauterina rappresenta il principale determinante della mortalità fetale, mentre il parto pre-termine, per lo più iatrogeno, risulta associato alla mortalità neonatale nell’89% dei casi. Non è stato riportato quante e quali pazienti fossero state trattate con chemioterapia, limite prevedibile per uno studio epidemiologico con dati provenienti da Registri.
Sulla base di questi risultati, emerge la necessità di approfondire il substrato biologico di queste associazioni, con studi che valutino come la malattia tumorale in stadio avanzato e la chemioterapia possano influire sulla funzionalità placentare. La collaborazione scientifica, come quella lanciata dall’International Network on Cancer, Infertility and Pregnancy in Europe, è una delle vie da seguire, al fine di migliorare la consapevolezza, la conoscenza e la cura delle pazienti oncologiche in gravidanza.
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