domenica, 6 ottobre 2024
Medinews
25 Maggio 2009

INIBITORE DELL’EPARANASI NELLA TERAPIA ADIUVANTE DEL CARCINOMA EPATICO

Trial di fase II/stadio 1 che ha definito, in fase preliminare, l’efficacia di PI-88 alla dose di 160 mg/die come ottimale e sicura nei pazienti dopo la resezione dell’epatocarcinoma. La recidiva del carcinoma epatico dopo trattamento chirurgico influenza negativamente il decorso clinico. È importante quindi esplorare nuove terapie adiuvanti. Lo studio multicentrico randomizzato di fase II/stadio 1 è stato condotto per definire la sicurezza, il dosaggio ottimale e i dati preliminari di efficacia di PI-88, un nuovo inibitore dell’eparanasi, quando somministrato nella prevenzione della recidiva post-operatoria del carcinoma epatico, in accordo al disegno in 2 stadi di Simon. I pazienti sono stati suddivisi in 3 gruppi: gruppo A in trattamento con placebo, gruppo B e C in cui PI-88 è stato rispettivamente somministrato alla dose giornaliera di 160 mg e 250 mg. I pazienti nei ultimi due gruppi hanno ricevuto il farmaco per nove cicli di 4 settimane di trattamento, seguiti da un periodo libero da trattamento di 12 settimane. Nella totalità, 172 pazienti sono stati randomizzati nello studio e 168 sono stati inclusi nella popolazione sottoposta all’analisi “intention-to-treat” (ITT). Nello studio, pubblicato nella rivista Journal of Hepatology (leggi abstract originale), sono stati osservati tra gli altri i seguenti eventi avversi legati al trattamento: citopenia, emorragia in sito di iniezione e prolungamento del tempo di protrombina. Quattro eventi avversi gravi erano probabilmente legati al trattamento con PI-88. Un solo paziente nel gruppo B (1.8%) e 6 nel gruppo C (10.5%) hanno dovuto abbandonare lo studio per epatotossicità. Tra la popolazione destinata all’analisi ITT, 29 pazienti nel gruppo A (50%), 35 nel gruppo B (63%) e 22 nel gruppo C (41%) non hanno manifestato recidiva al completamento dello studio. Il valore calcolato di T1 ha suggerito che il dosaggio di 160 mg/die soddisfaceva ai criteri per procedere al successivo passaggio dello studio.
In un editoriale, Forner e Roayaie [J Hepatol 2009;50(5):850], pur considerando le difficoltà di condurre studi di fase II di questo tipo per le nuove molecole, rivolgono critiche sulla selezione dei partecipanti (criteri di inclusione che portano ad una elevata eterogeneità dei pazienti arruolati nei diversi centri) e sulla scelta dell’endopoint primario (assenza di recidiva a 48 settimane, mentre avrebbero consigliato il tempo alla recidiva): tutti aspetti che impediscono di raggiungere conclusioni forti.
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