INFARTO: RISCHIO DOPPIO PER CHI NON SFOGA LA RABBIA SUL LAVORO
I soggetti parte dello studio sono stati analizzati anche per raccogliere altri dati: fumo, consumo di alcol, attività fisica, livello di istruzione, ruolo ricoperto al lavoro, diabete, e ancora pressione del sangue, peso, colesterolo. I ricercatori hanno poi registrato quanti hanno subito un infarto o sono morti per malattia cardiaca negli anni seguenti (lo studio è iniziato nel 1992 e terminato nel 2003). Dei 2.755 uomini studiati, 47 hanno avuto un infarto o sono morti per malattia di cuore nel corso del follow-up ed è emerso che gli individui che al lavoro reprimevano la rabbia avevano un rischio doppio di infarto o morte per malattia cardiaca rispetto agli uomini che al lavoro affrontavano i problemi di petto. I sintomi che invece si sviluppavano per via delle situazioni di conflitto in ufficio (mal di testa, mal di stomaco, atteggiamenti rabbiosi anche a casa) non aumentavano i rischi per la salute. Secondo gli studiosi, la rabbia può produrre delle tensioni psicologiche che, se non vengono liberate, fanno salire la pressione del sangue e alla lunga danneggiano il sistema cardiovascolare. Commenta Constanze Leineweber, che ha diretto la ricerca presso lo Stress Research Institute di Stoccolma: «Già altri studi avevano indicato un’associazione tra rabbia repressa e malattia di cuore ma la nostra ricerca ha mostrato una correlazione particolarmente forte. Il modo di ciascuno di noi di reagire alle situazioni di conflitto è innato, ma gli uomini che hanno altri fattori di rischio come fumo e sedentarietà dovrebbero stare particolarmente attenti a non tenersi tutto dentro».
La Stampa