Lo studio randomizzato di fase II non ha evidenziato beneficio clinico, ma rimane ancora il trattamento di seconda linea che dovrà essere esplorato in futuri trial clinici
Sorafenib ha mostrato un comprovato beneficio di sopravvivenza in pazienti con carcinoma epatico in fase avanzata. In questo studio pubblicato sulla rivista The Oncologist (leggi abstract) è stata esaminata la fattibilità di continuare il trattamento con sorafenib a un dosaggio più alto nei pazienti che hanno mostrato progressione radiologica della malattia. I pazienti con progressione della malattia mentre erano in trattamento con sorafenib (400 mg due volte al giorno) sono stati randomizzati a ricevere sorafenib a un dosaggio più elevato (600 mg due volte al giorno; n = 49) o la migliore cura di supporto (n = 52). Endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS), ma sono stati valutati anche il tempo alla progressione, la sopravvivenza globale e la sicurezza. I risultati indicano che lo studio non ha raggiunto l’endpoint primario. La differenza di PFS tra il braccio a sorafenib (3.91 mesi) e quello a migliore cura di supporto (2.69 mesi) non ha raggiunto la significatività statistica (p = 0.086). Gli eventi avversi rilevati erano essenzialmente di grado 1 – 2 ed erano simili nei due bracci. Nel braccio randomizzato a sorafenib, gli eventi più frequenti erano diarrea (80%), perdita di peso (75%) fatigue (68%), reazione cutanea mano-piede (49%), dolore addominale (37%) e stomatite (26%). I ricercatori italiani, coordinati dai colleghi del Centro Clinico Humanitas di Rozzano, hanno concluso che l’incremento della dose di sorafenib nei pazienti con carcinoma epatico che aveva mostrato progressione durante il trattamento con il farmaco non ha offerto alcun beneficio clinico. Il trattamento di seconda linea rimane ancora un argomento aperto che dovrà essere esplorato in studi clinici appropriati.Liver Cancer Newsgroup – Numero 5 – Maggio 2013