martedì, 22 ottobre 2024
Medinews
26 Luglio 2019

Has the Quality of Patient-Provider Communication About Survivorship Care Improved?

The aim of the current study was to assess whether the quality of patient–provider communication on key elements of cancer survivorship care changed between 2011 and 2016. Participating survivors completed the 2011 or 2016 Medical Expenditure Panel Survey Experiences with Cancer Surveys (N = 2,266). Participants reported whether any clinician ever discussed different aspects of survivorship care. Responses ranged from “Did not discuss at all” to “Discussed it with me in … (leggi tutto)

I dati documentano che, per fortuna, il numero di pazienti che vivono a lungo dopo una diagnosi di cancro (spesso definiti con il termine “survivors” nella letteratura anglosassone) è in continuo aumento, grazie alle diagnosi precoci e al miglioramento delle terapie disponibili. Gli argomenti che è opportuno siano oggetto di adeguata comunicazione tra i clinici e tali pazienti sono molteplici, dalle implicazioni sociali ed emotive all’eventuale gestione della tossicità a lungo termine, alle raccomandazioni di stili di vita e comportamenti salutari, solo per citarne alcuni. C’è il rischio, però, che a fronte di una intensiva comunicazione sui temi legati alla gestione “acuta” della malattia e del suo trattamento, ci sia meno spazio per la comunicazione su questi temi di grande importanza per chi vivrà molta parte della sua vita essendosi lasciato alle spalle la fase acuta della diagnosi e del trattamento.
Gli autori della recente pubblicazione del Journal of Oncology Practice presentano i risultati di un’interessante survey, condotta negli Stati Uniti, e ripetuta a distanza di 5 anni (nel 2011 e nel 2016), consentendo così di descrivere anche eventuali cambiamenti (auspicabilmente in positivo) nella comunicazione su questi temi. Ebbene, i risultati sono largamente deludenti, in quanto una elevata percentuale di soggetti rispondeva, sia nel 2011 che nel 2016, di aver parlato molto brevemente (o di non aver discusso affatto) a proposito di uno o più dei temi suddetti. In particolare, il 35% dei “survivors” dichiarava, nel 2011, di non aver ricevuto informazioni dettagliate sul follow-up, il 54% sulle tossicità a lungo termine, il 59% sulle raccomandazioni relative agli stili di vita e il 69% a proposito delle problematiche sociali ed emotive. Nel 2016, le percentuali rimanevano simili (rispettivamente il 35%, il 56%, il 58% ed il 68%). Soltanto il 24% dei rispondenti nel 2011 e il 22% dei rispondenti nel 2016 dichiarava di aver potuto discutere tutti i suddetti argomenti.
Si tratta, naturalmente, di una indagine condotta negli Stati Uniti, ma utile per riflettere sui margini di miglioramento necessari anche nella nostra pratica quotidiana.
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