venerdì, 9 giugno 2023
Medinews
4 Luglio 2017

First-Line Nivolumab in Stage IV or Recurrent Non–Small-Cell Lung Cancer

Nivolumab has been associated with longer overall survival than docetaxel among patients with previously treated non–small-cell lung cancer (NSCLC). In an open-label phase 3 trial, we compared first-line nivolumab with chemotherapy in patients with programmed death ligand 1 (PD-L1)–positive NSCLC. We randomly assigned, in a 1:1 ratio, patients with untreated stage IV or recurrent NSCLC and a PD-L1 tumor-expression level of 1% or more to … (leggi tutto)

Lo studio veniva per la prima volta presentato durante il congresso ESMO 2016, unitamente a quello (sempre in prima linea) con pembrolizumab, disegnato con una diversa selezione (diverso score di PD-L1) dei pazienti. Lo studio di fase III CheckMate 026 non evidenzia alcun vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) in favore di nivolumab verso la combinazione chemioterapica standard nei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio IV e selezionati sulla base di un’espressione di PD-L1 ≥ 5%.
541 pazienti con un’espressione tumorale di PD-L1 ≥ 1% venivano randomizzati nel periodo da marzo 2014 ad aprile 2015 a ricevere nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane (n = 271) o una combinazione chemioterapica contenente platino a discrezione dell’investigatore (ogni 3 settimane per 4-6 cicli complessivi) (n = 270). Il trattamento chemioterapico (nel braccio standard) è stato pemetrexed/carboplatino nel 44% dei casi, pemetrexed/cisplatino nel 33%, gemcitabina/carboplatino nel 13%, gemcitabina/cisplatino nel 5%, paclitaxel/carboplatino nel 6%; il 38% dei pazienti ha ricevuto pemetrexed come terapia di mantenimento. La randomizzazione era caratterizzata da una stratificazione per espressione di PD-L1 (< 5% vs ≥ 5%) e istologia (squamoso vs non-squamoso). L’espressione di PD-L1 veniva determinata centralmente mediante l’impiego di un anticorpo anti–PD-L1 (28-8). L’obiettivo primario era il PFS (con blinded independent central review) nei pazienti con espressione di PD-L1 ≥ 5%. I pazienti nel braccio di chemioterapia potevano ricevere nivolumab al momento della progressione. Tra i pazienti randomizzati si può osservare una minoranza di donne nel braccio che ha ricevuto nivolumab (32% vs 45%) e lo stesso dicasi per la percentuale di pazienti con espressione di PD-L1 expression ≥ 50% (32% vs 47%) . Invece più pazienti nel braccio trattato con nivolumab avevano metastasi epatiche (20% vs 13%) e lo stesso dicasi per il tumor burden (somma dei diametri maggiori delle lesioni target) (82 vs 68 mm). Per quanto riguarda le altre caratteristiche, per il braccio con nivolumab vs chemotherapia: età mediana 63 vs 65 anni (11% vs 12% ≥ 75 anni); stadio IV 94% vs 90%; ECOG performance status 0 o 1 uguale a 99% in entrambi i bracci; smoking status never per l’11% in entrambi i bracci, former per 69% vs 67%, current per 19% vs 20%; 8% vs 9% aveva ricevuto trattamento con intento adiuvante e 2% vs 1% trattamento neoadiuvante; 38% vs 40% aveva eseguito trattamento radiante; 24% in entrambi i bracci avevano un’istologia squamosa e 76% in entrambi i bracci aveva un carcinoma non-squamoso; 12% vs 13% aveva metastasi cerebrali.
Nel complesso 77% nel braccio con nivolumab vs 78% nel braccio con chemotherapia aveva un’espressione di PD-L1 ≥ 5% e le caratteristiche basali dei pazienti con PD-L1 ≥ 5% erano pressochè sovrapponibili a quelle della popolazione generale. Con un follow-up mediano pari a 13,5 mesi (e di 13,7 mesi per la sopravvivenza) tra i 423 pazienti con espressione di PD-L1 ≥ 5%, il PFS mediano è risultato pari a 4,2 mesi nel braccio con nivolumab e 5,9 nel braccio con chemioterapia (hazard ratio [HR] = 1,15; p = 0,25). La sopravvivenza è risultata pari a 14,4 mesi vs 13,2 mesi (HR = 1,02, IC 95%: 0,80 – 1,30). Dopo progressione, 128 pazienti nel braccio con chemioterapia (60%) hanno ricevuto nivolumab. La proporzione di risposte obiettive è stata 26% vs 33%; 27% vs 10% ha riportato una progressione di malattia come best response. La durata mediana di risposta è stata pari a 12,1 vs 5,7 mesi. In un’analisi esploratoria nei pazienti con elevato tumor mutation burden (30% nel braccio con nivolumab e 39% nel braccio con chemioterapia), il trattamento con nivolumab si associa ad un maggior tasso di risposta (47% vs 28%) e ad una migliore PFS (mediana 9,7 vs 5,8 mesi, HR = 0.62, CI 95%: 0,38 – 1,00). In termini di tollerabilità, gli eventi avversi di ogni grado sono stati pari al 71% con nivolumab vs 92% con chemioterapia. I più comuni sono stati fatigue (21%) e diarrea (14%) con nivolumab e nausea (48%) e anemia (43%) con chemioterapia. Gli eventi correlati di grado 3 o 4 sono stati registrati nel 18% vs 51% e nessun evento avverso di grado ≥ 3 veniva riportato in più dell’1% dei pazienti trattati con nivolumab.
Sicuramente questo è uno studio negativo, che inevitabilmente viene confrontato in modo indiretto con lo studio in prima linea che ha condotto alla registrazione ed approvazione di pembrolizumab nella stessa popolazione di pazienti , ma con diversi criteri di selezione. Una lettura dettagliata e critica di questo studio ci porta a concludere che non esistono differenze di efficacia fra i due farmaci e nivolumab subisce in questo studio pubblicato sul NEJM la scelta dello score di selezione per PD-L1.
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