21 Maggio 2013
FAVO-AIOM: MENO OSPEDALE E PIÙ TERRITORIO PER CURARE I PAZIENTI ONCOLOGICI
Serve un nuovo modello di assistenza per i malati di cancro, meno centrato sull’ospedale e più orientato a forme alternative. Con ricoveri diurni, maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia nelle fasi successive ai trattamenti nosocomiali e servizi ambulatoriali, domiciliari e residenziali. La spending review può rappresentare un’occasione, purché la norma venga interpretata correttamente. Il taglio dei posti letto richiesto dal provvedimento non può essere realizzato senza considerare le esigenze dei malati oncologici. È concreto il rischio che, in assenza di verifiche, le Regioni operino, in modo uniforme e indiscriminato, riduzioni lineari, per rientrare nei valori previsti dalla legge. E’ quanto ha evidenziato la FAVO nel suo V Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici presentato giovedì scorso al Senato. “Il 30% dei pazienti con cancro muore in strutture ospedaliere destinate al contrasto di patologie acute, generando gravi sofferenze umane e familiari – ha affermato il presidente FAVO Francesco De Lorenzo -. È chiara l’inappropriatezza di questi ricoveri. Vanno poi considerati gli alti costi pro-die delle degenze in centri complessi e ad alto tasso tecnologico, con il rischio aggiuntivo di sottrarre posti letto a malati oncologici in fase acuta, sicuramente recuperabili con interventi tempestivi ed appropriati, rispetto a quelli, notevolmente minori, dell’assistenza domiciliare e dell’accoglienza negli hospice”. Il Rapporto, predisposto dall’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, denuncia anche gravi carenze. Ad esempio, a fronte di 598 posti letto in hospice in Lombardia e 241 in Emilia Romagna, se ne registrano solo 20 in Campania e 7 in Calabria, mentre vi sono 27 strutture con servizio di radioterapia in Lombardia, 7 in Puglia e 3 in Calabria. E il fascicolo sanitario elettronico è utilizzato solo in 5 Regioni. Un gruppo di lavoro formato da esperti della Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO), dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), della FAVO e da rappresentanti della Direzione Generale Sistema Informativo e statistico sanitario del Ministero della Salute ha individuato i parametri (con riferimento a quelli internazionali) per stabilire i volumi minimi di attività per singola neoplasia, al di sotto dei quali le strutture chirurgiche non dovrebbero essere abilitate ad affrontare le varie patologie. Rispetto ai 1.015 centri che si occupano di cancro del colon retto, solo 196 risultano adeguati; dei 906 del tumore della mammella, solo 193; dei 702 del polmone solo 96 e dei 624 della prostata solo 118. “Esistono criticità – ha spiegato il Presidente AIOM Stefano Cascinu – anche per alcune oncologie mediche, presenti in piccoli ospedali, prive degli indispensabili servizi di supporto e con casistiche assistenziali inferiori al minimo necessario per garantire esperienza sufficiente e trattamenti adeguati. Evidenze scientifiche dimostrano che strutture con bassi volumi di attività presentano statisticamente maggiori rischi per i malati con incrementi significativi della morbilità e mortalità specifiche. Queste criticità possono essere superate dalla costituzione delle reti oncologiche, unica modalità per fornire un adeguato supporto ai malati. Purtroppo, dopo tanti anni, solo poche Regioni si sono dotate di questi strumenti. Nel riesame delle dotazioni ospedaliere, le Regioni dovranno evitare di operare tagli lineari, che incidano contestualmente su strutture inadeguate e su centri oncologici di eccellenza”.