martedì, 3 dicembre 2024
Medinews
31 Agosto 2009

ESTRADIOLO A BASSE DOSI NELLA PROGRESSIONE DEL CARCINOMA MAMMARIO AVANZATO RESISTENTE AGLI INIBITORI DELLE AROMATASI

Nelle donne in post-menopausa con carcinoma mammario avanzato e acquisita resistenza agli inibitori delle aromatasi il trattamento con basse dosi di estradiolo (6 mg) offre un beneficio clinico paragonabile a quello ottenuto con dose piena (30 mg), ma con minori effetti avversi. È stato ipotizzato che la terapia di deprivazione estrogenica con gli inibitori delle aromatasi possa paradossalmente sensibilizzare le cellule tumorali di carcinoma mammario recettore-positivo alla terapia con basse dosi di estradiolo. Oncologi della Washington University School of Medicine di St Louis hanno arruolato, tra aprile 2004 e febbraio 2008, 66 pazienti eleggibili, alle quali è stata somministrata una dose orale giornaliera di estradiolo (6 vs 30 mg). Le pazienti erano affette da carcinoma mammario metastatico ed avevano mostrato sopravvivenza libera da progressione 24 settimane o recidiva dopo più di 2 anni di trattamento adiuvante con un inibitore delle aromatasi. Le pazienti ritenute potenzialmente ad alto rischio di eventi avversi da assunzione di estradiolo sono state escluse dallo studio. Nello studio di fase 2 pubblicato nella rivista Journal of the American Medical Association (leggi abstract originale), le pazienti sono state esaminate dopo 1 e 2 settimane per evidenza di tossicità clinica e laboratoristica e per flare reaction (temporaneo incremento di intensità del dolore), e successivamente ogni 4 settimane; la valutazione radiologica è stata eseguita ogni 12 settimane. Per determinare la risposta tumorale sono state considerate almeno una lesione misurabile o 4 lesioni misurabili (in caso di solo interessamento osseo). Alla randomizzazione le pazienti hanno ricevuto compresse di estradiolo generico da 2mg: 1 x 3 volte al dì (6 mg) oppure 5 x 3 volte al dì (30 mg). Endpoint primario era la percentuale di beneficio clinico (risposta e stabilizzazione della malattia a 24 settimane). Outcome secondari erano invece la tossicità, la sopravvivenza libera da progressione, il tempo all’insuccesso della terapia, la qualità di vita e le proprietà predittive delle flare reaction metaboliche, rilevate alla PET/TC con F18-fluorodeossiglucosio. La percentuale di eventi avversi di grado superiore o uguale a 3 nel gruppo trattato con la dose massima di estradiolo (11/32 [34%]; intervallo di confidenza [IC] 95%: 23-47%) era più alta di quanto osservato nel gruppo in trattamento con 6 mg (4/34 [18%]; IC 95%: 5-22%: p = 0.03). Il beneficio clinico è stato osservato rispettivamente in 9 delle 32 pazienti trattate con 30 mg di estradiolo (28%; IC 95%: 18-41) e in 10 delle 34 pazienti trattate con 6 mg (29%; IC 95%: 19-42). Un accumulo maggiore di F18-fluorodeossiglucosio indotto da estradiolo (definito prospetticamente 12%) era predittivo di risposta (valore predittivo positivo 80%; IC 95%: 61-92). Sette pazienti con malattia sensibile all’estradiolo sono state trattate nuovamente con inibitori delle aromatasi alla progressione: 2 di esse hanno mostrato risposta parziale e 1 stabilizzazione della malattia. Ciò suggerisce una ri-sensibilizzazione da deprivazione di estrogeni. Pur avendo raggiunto un risultato positivo, l’efficacia del trattamento con dosi basse deve essere comprovata in studi clinici di fase 3.
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