Ad oggi il miglior trattamento curativo per l’epatocarcinoma è il trapianto di fegato, seppur con le limitazioni dettate dalla dimensione e dal numero dei noduli (lesione solitaria < 5 cm o massimo 3 lesioni < 3 cm ciascuna). L’arresto della crescita o la riduzione della massa tumorale per rendere eleggibili i pazienti al trapianto può essere ottenuto con trattamenti neoadiuvanti, quali la chemioembolizzazione transarteriosa (TACE), la radioterapia interna selettiva (SIRT) o l’ablazione chimica o in radiofrequenza (ARF). Ricercatori della University of Pennsylvania di Filadelfia hanno valutato in campioni bioptici da espianto la risposta istopatologica alla terapia neoadiuvante eco-guidata prima del trapianto di fegato. Nello studio pubblicato nella rivista Journal of Gastrointestinal and Liver Diseases (
leggi abstract originale), 28 pazienti con 39 noduli di carcinoma epatico eleggibili per il trapianto di fegato sono stati sottoposti a terapia neoadiuvante eco-guidata da 1 a 393 giorni prima del trapianto. Il trattamento includeva TACE (5 noduli), SIRT (7 noduli), ARF (12 noduli), ablazione chimica (3 noduli) TACE combinata ad iniezione di acido acetico (1 nodulo) e TACE combinata ad ARF (11 noduli). Diciannove dei 28 pazienti non trapiantati entro 30 giorni sono stati sottoposti a risonanza magnetica durante questo periodo e 3 pazienti con progressione della malattia sono stati trattati nuovamente a terapia neoadiuvante. Tumore residuo attivo è stato osservato con metodica d’immagine nel 42% dei pazienti anche dopo il trattamento. L’analisi dei campioni ha rivelato tumori attivi in 35 dei 39 noduli trattati (90%) e in altre parti del fegato espiantato, in tutti i pazienti. Attività e/o progressione del tumore dopo trattamento sono state osservate in tutti i 5 noduli trattati con TACE, in 6 dei 7 trattati con SIRT, in 11 dei 12 con ARF, in 2 dei 3 noduli trattati con ablazione chimica e in 11 dei 12 noduli trattati con terapia combinata. Tumore attivo locale o a distanza è stato osservato con risonanza magnetica sul tessuto espiantato nella maggior parte dei pazienti con carcinoma epatico dopo terapia neoadiuvante, malgrado l’apparente successo del trattamento.