Approximately 3% to 10% of EGFR (epidermal growth factor receptor) -mutant non–small cell lung cancers (NSCLCs) undergo transformation to small-cell lung cancer (SCLC), but their clinical course is poorly characterized. We retrospectively identified patients with EGFR-mutant SCLC and other high-grade neuroendocrine carcinomas seen at our eight institutions. Demographics, disease features, and outcomes were analyzed. We included 67 patients – 38 women … (leggi tutto)
Nella rivalutazione terapeutica (e nell’impostazione della re-biopsia: liquida vs tissutale) dei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) e con mutazione attivante di EGFR va sempre tenuto presente il cambiamento istologico come meccanismo di resistenza. Nel lavoro pubblicato sul Journal of Clinical Oncology gli autori descrivono anche potenziali fattori associati a questa trasformazione, che può avvenire nel 3-10% dei casi.Vengono riportati i dati inerenti 67 pazienti (38 donne e 29 uomini) con carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC) (e altre forme di carcinoma neuroendocrino) e mutazione di EGFR seguiti in 8 centri nord americani. Le mutazioni di EGFR includono delezioni dell’esone 19 (69%), L858R (25%), e altre (6%). All’atto della diagnosi 58 pazienti presentavano un NSCLC e 9 erano già SCLC o istologie miste. Al momento della trasformazione per i 58 pazienti con iniziale diagnosi di NSCLC e per i 9 con SCLC, l’istologia veniva descritta come di “classico SCLC” nel 97% dei casi (2 casi di large cell carcinoma). Tutti i pazienti con diagnosi iniziale di NSCLC avevano ricevuto almeno un inibitore tirosin-chinasico di EGFR e il tempo medio di trattamento con inibitore tirosin-chinasico di EGFR prima della trasformazione è stato pari a 15,8 mesi (1,3-53,4 mesi), mentre il tempo medio dalla diagnosi di NSCLC al momento della trasformazione in SCLC è stato di 17,8 mesi. Il 93% dei pazienti stavano facendo trattamento con inibitore tirosin-chinasico di EGFR al momento della trasformazione.
Dopo la trasformazione, la risposta ottenuta è stata pari al 54% per i 46 pazienti valutabili trattati con platino/etoposide e 50% per i 20 pazienti valutabili trattati con taxani. Nessuna risposta è stata osservata nei 17 pazienti trattati con immunocheckpoint inibitori (8 con nivolumab/ipilimumab) essendo il tempo di progressione più lungo registrato pari a 9 settimane.
Il tempo mediano di sopravvivenza è stato di 31,5 mesi dalla diagnosi e di 10,9 mesi dal momento della trasformazione.
Tra i 59 pazienti con tessuto disponibile, tutti hanno mantenuto la mutazione di EGFR; 15 su 19 con mutazione T790M positivity erano T790 wild-type al momento della trasformazione. Mutazioni comuni riscontrate nei campioni di SCLC sono state TP53 (79% dei 48 pazienti valutabili), Rb1 (58% su 31) e PIK3CA (27% su 52).
Cloni di NSCLC sono stati rivisti in alcuni casi. Le localizzazioni cerebrali erano frequenti dopo la trasformazione con il 64% (su pazienti) con una progressione in tale sede dopo la trasformazione in SCLC.
I cambiamenti nell’algoritmo terapeutico dei pazienti EGFR mutati non cambia la necessità di valutare anche la trasformazione istologica fra le cause di resistenza poiché, anche per questi pazienti, un trattamento personalizzato (nessuna risposta è stata registrata con farmaci immunoterapici) può ulteriormente offrire un beneficio.