Studio coreano in pazienti con HCC avanzato e noduli tumorali intraepatici o metastasi, associati a bassi livelli di α-FP, indica che il trattamento con sorafenib offre esiti più favorevoli, associati a tossicità tollerabile
L’efficacia e la sicurezza della monoterapia con sorafenib sono state valutate nella pratica clinica in pazienti coreani con epatocarcinoma (HCC), per la maggior parte collegato a infezione da virus dell’epatite B (HBV). I ricercatori coreani hanno consultato retrospettivamente le cartelle cliniche di 57 pazienti consecutivi con HCC inoperabile o metastatico trattati con sorafenib (400 mg bid) presso il National Cancer Center coreano tra giugno 2007 e marzo 2008. L’età mediana dei pazienti era 55 anni (range: 28-76), tutti mostravano performance status 0-2 ed erano in classe Child-Pugh A o B. Nello studio pubblicato nel Journal of Cancer Research and Clinical Oncology (leggi abstract originale), l’HCC è stato eziologicamente correlato ad infezione da HBV nel 79% dei pazienti. Undici pazienti (19.3%) avevano tumori allo stadio III (UICC modificato), 11 (19.3%) allo stadio IVa e 35 (61.4%) allo stadio IVb. Dopo il trattamento con sorafenib, 3 pazienti (5.3%) hanno ottenuto una risposta parziale e 18 (35.1%) la stabilizzazione della malattia: il tasso di controllo globale della malattia era del 40.4%. Il tempo mediano alla progressione (TTP) era 9.1 settimane (IC 95%: 3.4-14.8). Le analisi multivariate hanno mostrato che un’alfa-fetoproteina serica (α-FP) ≥ 400 ng/mL (HR 2.810, p = 0.023) e la presenza di tumori intraepatici massivi (HR 7.633, p = 0.033) erano fattori predittivi indipendenti di un TTP più breve. Gli eventi avversi di grado 3/4 più frequenti sono stati sindrome mano-piede (8.8%), diarrea (7.0%) e rash cutaneo (7.0%), mentre non è stata osservata alcuna esacerbazione della sottostante epatite cronica B.Liver Cancer Newsgroup – Numero 4 – Aprile 2009