Ricercatori olandesi tracciano le linee guida per la gestione dei pazienti e il trattamento della malattia metastatica da considerare in concomitanza a specifici controlli ed esami di laboratorio
Ad oggi non esiste consenso sulla sorveglianza dei pazienti con carcinoma renale dopo resezione radicale del rene. Quando la recidiva è poco probabile, un’opzione ragionevole potrebbe essere quella di limitare la sorveglianza sulle recidive ai raggi X al torace e all’ecografia addominale, ogni 3 mesi durante il primo anno e meno frequentemente in fase successiva. Questi esami clinici potrebbero essere integrati da una TAC annuale al torace e all’addome. Quando il rischio è medio o alto, la TAC dovrebbe essere eseguita più frequentemente, ma bisogna considerare il rischio dell’esposizione ripetuta alle radiazioni. Dato che sono stati introdotti nuovi ed efficaci trattamenti per la malattia metastatica, il follow-up tende a divenire sempre più impegnativo non solo riguardo l’accertamento della malattia ma anche per la valutazione della tossicità [Livello 5]. Il processo diagnostico del carcinoma renale metastatico dovrebbe includere la storia clinica, l’esame fisico e un esame completo del sangue. Un test funzionale della tiroide dovrebbe essere eseguito nei pazienti che dovranno essere trattati con agenti target, mentre quelli con storia clinica di rilievo o ad alto rischio dovrebbero essere sottoposti anche allo studio della funzionalità cardiaca, che assume fondamentale importanza nei pazienti asintomatici [Livello 2b]. La nefrectomia è un importante componente del trattamento multimodale del carcinoma renale: tale procedura induce la regressione spontanea delle metastasi in un piccolo numero di pazienti [Livello 4] e, più in generale, migliora la sopravvivenza dei pazienti che successivamente riceveranno immunoterapia [Livello 1]. Non è ancora certo, tuttavia, se tale beneficio possa essere osservabile anche nei pazienti trattati con terapie target [Livello 2b]. I vaccini possono essere potenzialmente utili, specialmente quando la carica tumorale è bassa [Livello 4], ma si devono aspettare i risultati di studi ancora in corso. Il carcinoma renale metastatico risponde, anche se in misura limitata, alle citochine, che possono essere utili in un gruppo di pazienti. In maggior parte, e certamente nei pazienti con malattia a medio o basso rischio, le citochine non offrono invece alcun beneficio [Livello 1b]. La scelta del trattamento iniziale nei pazienti con carcinoma renale metastatico a cellule chiare dovrebbe essere decisa in base ai risultati di ampi studi randomizzati. Per quanto riguarda l’evidenza attuale, la terapia di prima linea, nei pazienti con carcinoma renale metastatico a cellule chiare a rischio basso o intermedio, dovrebbe essere sunitinib [Livello 1b] o bevacizumab, associato ad interferone [Livello 1a]. In questi pazienti, sorafenib è un’opzione così come lo è interleuchina 2 ad alte dosi, se lo stato funzionale è sufficientemente buono [Livello 2b]. Nei pazienti con prognosi sfavorevole (come definita dallo studio principale), temsirolimus è il farmaco raccomandato [Livello 1b] e sunitinib è l’alternativa [Livello 2b]. Il ruolo delle terapie target nel trattamento dei pazienti con carcinoma renale con istologia non a cellule chiare rimane da stabilire: in quelli refrattari alle citochine è raccomandato sorafenib [Livello 1b], mentre everolimus è l’agente di scelta per i pazienti che hanno mostrato progressione della malattia durante il trattamento con inibitori della tirosin-chinasi [Livello 1b]. Le linee guida sono state pubblicate nella rivista European Journal of Cancer (leggi abstract originale).Renal Cancer Newsgroup – Numero 4 – Aprile 2009