martedì, 22 ottobre 2024
Medinews
23 Luglio 2012

CONFRONTO TRA TEMOZOLOMIDE E RADIOTERAPIA NEL TRATTAMENTO DELL’ASTROCITOMA MALIGNO DEGLI ANZIANI

La monoterapia con il farmaco non sarebbe inferiore alla radioterapia nel trattamento dei pazienti anziani con astrocitoma maligno. La radioterapia attualmente rappresenta lo standard di cura in questi pazienti mentre il ruolo della chemioterapia primaria è ancora poco definito. I ricercatori afferenti al NOA-08 Study Group del Neuro-oncology Working Group (NOA) della German Cancer Society hanno condotto uno studio randomizzato di fase 3 per comparare l’efficacia e la sicurezza del trattamento con temozolomide ‘dose-dense’ con la radioterapia in pazienti anziani che presentavano astrocitoma anaplastico o glioblastoma. Tra il 15 maggio 2005 e il 2 novembre 2009 sono stati arruolati 412 pazienti con diagnosi di astrocitoma anaplastico o glioblastoma, più anziani di 65 anni, con punteggio Karnofsky di performance pari a 60 o superiore. I pazienti sono stati randomizzati a 100 mg/m2 temozolomide, somministrato ai giorni 1 – 7 in cicli di settimane alterne, o a radioterapia alla dose totale di 60.0 Gy, somministrata in un periodo di 6 – 7 settimane in 30 frazioni di 1.8 – 2.0 Gy. Endpoint primario era la sopravvivenza globale. Nello studio pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology (leggi abstract) è stata anche valutata la non-inferiorità, con margine del 25%, analizzata in tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di trattamento assegnato. Dei 584 pazienti esaminati, ne sono stati arruolati 412 e 373 (195 randomizzati al gruppo temozolomide e 178 al gruppo radioterapia) hanno ricevuto almeno una dose di trattamento e sono stati quindi inclusi nelle analisi di efficacia. La sopravvivenza globale mediana è risultata di 8.6 mesi (IC 95%: 7.3 – 10.2) nel gruppo temozolomide e di 9.6 mesi (IC 95%: 8.2 – 10.8) in quello di radioterapia (hazard ratio [HR] 1.09, IC 95%: 0.84 – 1.42; p non-inferiorità = 0.033). La sopravvivenza mediana libera da eventi (EFS) non differiva significativamente nei due gruppi (3.3 mesi, IC 95%: 3.2 – 4.1, vs 4.7 mesi, IC 95%: 4.2 – 5.2; HR 1.15, IC 95%: 0.92 – 1.43; p non-inferiorità = 0.043). Metilazione tumorale del promotore del gene MGMT è stata osservata in 73 dei 209 pazienti testati (35%) ed è stata associata a più lunga sopravvivenza globale rispetto allo stato non metilato (11.9 mesi, IC 95%: 9.0 – non raggiunto, vs 8.2 mesi, IC 95%: 7.0 – 10.0; HR 0.62, IC 95%: 0.42- 0.91; p = 0.014). La EFS era inoltre più lunga nei pazienti che presentavano metilazione del promotore di MGMT e avevano ricevuto temozolomide piuttosto che in quelli sottoposti a radioterapia (8.4 mesi, IC 95%: 5.5 – 11.7, vs 4.6 mesi, IC 95%: 4.2 – 5.0), mentre l’opposto si verificava nei pazienti che non mostravano metilazione del promotore di MGMT (3.3 mesi, IC 95%: 3.0 – 3.5, vs 4.6 mesi, IC 95%: 3.7 – 6.3). I più frequenti eventi avversi di grado 3 – 4, legati al trattamento, sono stati neutropenia (16 pazienti nel gruppo temozolomide vs 2 nel gruppo radioterapia), linfocitopenia (46 vs 1), trombocitopenia (14 vs 4), innalzamento dei livelli degli enzimi epatici (30 vs 16), infezioni (35 vs 23) ed eventi tromboembolici (24 vs 8). In conclusione, in questo studio temozolomide somministrato in monoterapia è risultato non-inferiore alla radioterapia in pazienti anziani con astrocitoma maligno. La metilazione del promotore di MGMT sembra essere un utile biomarcatore per gli esiti del trattamento e potrebbe aiutare a formulare la scelta terapeutica.
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