In 2008, a study of the characteristics of hospitalised patients led to the development of a prognostic tool that distinguished three populations with significantly different two-month survival rates. The goal of our study aimed at validating prospectively this prognostic tool in outpatients treated for cancer in terminal stage, based on four factors: performance status (ECOG), number of metastatic sites, serum albumin and lactate dehydrogenase. PRONOPALL is a multicentre … (leggi tutto)
La letteratura e la pratica clinica quotidiana evidenziano come i pazienti oncologici siano a volte sottoposti a trattamenti attivi anche nelle settimane che precedono la morte. Questo sottolinea quanto possa essere imperfetta la capacità prognostica, in quanto, nella maggior parte dei casi, quei pazienti sono stati trattati auspicando che l’aspettativa di vita potesse essere in realtà più lunga rispetto a quella poi registrata. Da questo punto di vista, sarebbero di grande aiuto per la pratica clinica quotidiana strumenti prognostici in grado di aiutare l’oncologo nella stima della prognosi quando si trova a valutare l’opportunità di trattare o meno pazienti dall’aspettativa di vita verosimilmente limitata. Autori francesi hanno pubblicato su
Annals of Oncology la validazione di uno score prognostico pubblicato qualche anno fa sul
Journal of Clinical Oncology: il primo lavoro aveva proposto uno score basato sui dati di pazienti ospedalizzati ed è stato ora validato su una casistica di pazienti ambulatoriali, eterogenea per tipo di patologia. Lo score proposto nel 2008 si basava su 4 parametri: il performance status, il numero di siti di metastasi, il valore di LDH sierico e l’albuminemia. Categorizzando questi 4 parametri, gli autori hanno suddiviso i pazienti in tre gruppi dalla prognosi significativamente diversa: la percentuale di pazienti vivi a 2 mesi dalla stima era pari al 92% nel gruppo a prognosi migliore, al 66% nel gruppo a prognosi intermedia e nel 24% nel gruppo a prognosi peggiore. Applicando uno strumento del genere, si potrebbe probabilmente optare per la sola terapia di supporto in alcuni casi nei quali, frequentemente, ci si orienta per proporre un ulteriore trattamento antitumorale attivo.