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3 Febbraio 2015

CHEMIOTERAPIA SEQUENZIALE AD ALTE DOSI VS PEB NEL TRATTAMENTO DI PRIMA LINEA DEI PAZIENTI CON TUMORI A CELLULE GERMINALI A CATTIVA PROGNOSI: STUDIO RANDOMIZZATO, DI FASE II, MULTICENTRICO ITALIANO

La chemioterapia sequenziale ad alte dosi non sembra favorire un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioterapia con cisplatino, etoposide e bleomicina (PEB) nel trattamento dei tumori a cellule germinali a cattiva prognosi. Alla fine degli anni ’90 l’uso della chemioterapia ad alte dosi (HDCT) e trapianto autologo di cellule staminali sembrava offrire benefici ai pazienti con tumori a cellule germinali (GCT) in stadio avanzato e cattiva prognosi. I ricercatori italiani, coordinati dal gruppo della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, hanno condotto uno studio randomizzato, di fase II, per valutare l’efficacia della HDCT sequenziale rispetto a PEB. I pazienti sono stati randomizzati a 4 cicli di PEB ogni 3 settimane o a 2 cicli di PEB seguiti da una sequenza ad alte dosi (HDS), che comprendeva ciclofosfamide ad alte dosi (7.0 mg/m2), due cicli di cisplatino ed etoposide ad alte dosi (2.4 mg/m2) con supporto di cellule staminali e un singolo ciclo di carboplatino ad alte dosi (AUC 27 mg/ml x min) con trapianto di cellule staminali autologhe. La chirurgia successiva alla chemioterapia è stata pianificata in entrambi i bracci sulla malattia residua nei pazienti in risposta. Endpoint primario era la PFS. Lo studio era stato disegnato per rilevare un miglioramento del 30% della PFS a 5 anni (dal 40 al 70%), con un potere dell’80% e alfa a due code al 5%. Nello studio pubblicato sulla rivista Annals of Oncology (leggi abstract), sono stati randomizzati 85 pazienti tra dicembre 1996 e marzo 2007: 43 nel braccio con PEB e 42 in quello con HDS. Il follow-up mediano era di 114.2 mesi (IQR: 87.7 – 165.8). Risposta completa (CR) o parziale con livelli normali dei marcatori (PRm-) è stata ottenuta rispettivamente in 28 (65.1%) e 29 pazienti (69.1%). La PFS a 5 anni è risultata pari al 55.8% (IC 95%: 42.8 – 72.8) e al 54.8% (IC 95%: 41.6 – 72.1) rispettivamente nei pazienti trattati con PEB e HDS (log rank test p = 0.726). La sopravvivenza globale (OS) a 5 anni era rispettivamente pari al 62.8% (IC 95%: 49.9 – 79.0) e al 59.3% (IC 95%: 46.1 – 76.3). È stato registrato un decesso per tossicità nel braccio con PEB. In conclusione, questo studio non ha raggiunto l’endpoint primario. Inoltre, gli autori suggeriscono che, con la chemioterapia convenzionale, le stime di sopravvivenza più alte del previsto dovrebbero essere tenute in considerazione e probabilmente limiteranno in futuro ulteriori miglioramenti nell’ambito del trattamento di prima linea.
Il dottor Andrea Necchi, primo autore e dirigente medico del Dipartimento di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, afferma che “si tratta della pubblicazione dei dati finali a un lungo tempo di follow-up di uno studio randomizzato, multicentrico, condotto tra il 1996 e il 2007 in Italia, sotto il coordinamento della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori”. E aggiunge: “Nonostante elevati tassi di cura per le neoplasie germinali, anche in fase avanzata, esiste ancora uno zoccolo duro di pazienti con malattia aggressiva per i quali sono necessari miglioramenti della strategia terapeutica corrente. I pazienti definiti a cattiva prognosi (in base alla classificazione dell’International Germ Cell Cancer Collaborative Group – IGCCCG) costituiscono circa il 16% di tutti i pazienti con malattia avanzata e hanno una stima di sopravvivenza a 5 anni documentata storicamente attorno al 50%. Lo studio confrontava per questa coorte di pazienti il trattamento standard (4 cicli di chemioterapia PEB) con un trattamento sequenziale ad alte dosi, che a quel tempo aveva dimostrato attività in diversi tumori solidi, con il supporto di progenitori emopoietici autologhi. I risultati sono stati negativi, dimostrando una completa sovrapponibilità dei due trattamenti sia sulla sopravvivenza libera da progressione che sulla sopravvivenza globale. Tali risultati documentano (e confermano) – conclude il dott. Necchi – l’inefficacia di un utilizzo precoce (in prima linea) della chemioterapia ad alte dosi, strategia che invece rappresenta, pur con schemi di induzione diversi dal presente, un sostanziale standard di trattamento attuale di salvataggio per la malattia ricaduta o refrattaria alla chemioterapia. Lo standard terapeutico di prima linea per i tumori germinali, anche ad alto rischio, rimane dunque stabilmente il PEB, che peraltro documenta stime di efficacia a lungo termine probabilmente superiori, se aggiornate, a quelle storiche del 50% riportate in letteratura”.
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