lunedì, 9 settembre 2024
Medinews
24 Marzo 2017

Association between smoking at diagnosis and cause-specific survival in patients with rectal cancer: Results from a population-based analysis of 10,794 cases

Currently, the 5-year survival rate for rectal cancer remains at <60%. The identification of potentially modifiable prognostic factors would be of considerable public health importance. A few studies have suggested associations between smoking and survival in rectal cancer; however, the evidence is inconsistent, and most of these studies were relatively small. In a large population-based cohort study, we investigated whether smoking at diagnosis is an … (leggi tutto)

I fattori di rischio modificabili sono di grande interesse, sia come oggetto di prevenzione primaria allo scopo di ridurre l’incidenza di alcune neoplasie, sia come oggetto di prevenzione “terziaria”, nei pazienti che hanno già avuto diagnosi, al fine di migliorare l’outcome e la sopravvivenza. Lo studio appena pubblicato su Cancer ha analizzato l’associazione tra l’abitudine al fumo e l’outcome di una numerosa casistica di pazienti affetti da carcinoma rettale. L’analisi è stata effettuata sui dati di oltre 10.000 pazienti inseriti nel National Cancer Registry irlandese, con diagnosi di carcinoma rettale tra il 1994 ed il 2012. I risultati sono molto interessanti: i pazienti fumatori al momento della diagnosi, a differenza degli ex fumatori, hanno un rischio di morte cancro-specifica significativamente peggiore rispetto ai soggetti non fumatori. Gli autori hanno anche analizzato l’interazione della storia di fumo con altre caratteristiche cliniche, osservando che l’effetto detrimentale del fumo è particolarmente evidente nei maschi rispetto alle femmine, ma va sottolineato che il test di interazione non è risultato significativo, e quindi il “pericolo” di un outcome peggiore rimane concreto, visto il risultato complessivo, sia nei maschi che nelle femmine. Da sottolineare che la dimensione del rischio incrementato in chi fuma (hazard ratio 1,15 all’analisi multivariata) non è clamorosa, ma è sostanzialmente nello stesso ordine di grandezza del vantaggio associato ad alcune terapie: l’attenzione al problema fumo nei pazienti potrebbe quindi comportare benefici paragonabili al successo di trattamenti a volte anche tossici o, per meglio dire, trascurare il potenziale beneficio derivante dalla cessazione del fumo potrebbe “vanificare” almeno in parte il vantaggio ottenuto con i trattamenti antitumorali. A tal proposito, andrebbe sicuramente implementata la conoscenza e l’esperienza di personale medico ed infermieristico sui programmi di cessazione tabagica anche per pazienti oncologici: pur consapevoli che tale patologia comporta già moltissimi interventi a carattere diagnostico, terapeutico e palliativo, sono ormai troppi i dati che in maniera trasversale su più malattie tumorali dimostrano l’importanza di tale intervento per poter ancora pensare che sia unicamente una problematica confinata alla prevenzione primaria.
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