martedì, 22 ottobre 2024
Medinews
30 Luglio 2013

ANTICORPI ANTI-PD-1: IMPORTANTI AVANZAMENTI NEL TRATTAMENTO DEL MELANOMA METASTATICO

L’editoriale di Mina Razzak, pubblicato sulla rivista Nature Reviews, Clinical Oncology (leggi estratto), sottolinea l’importanza dell’innovazione offerta dalle terapie target verso il recettore della proteina 1 di morte cellulare programmata (PD-1) e il suo ligando (PDL1) nel melanoma avanzato, evidenziata anche dai numerosi studi presentati recentemente al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) di Chicago. Il recettore PD-1, espresso sulla membrana di linfociti T e B e macrofagi attivati, regola in modo diverso le risposte immunitarie rispetto all’antigene recettoriale inibitorio 4 associato ai linfociti T citotossici (CTLA-4), che costituisce il bersaglio di ipilimumab. Tra gli studi sulle terapie target presentati al congresso di Chicago, ne sono emersi, per importanza e prospettive future, due in particolare. Il primo è uno studio di fase IB di lambrolizumab (MK-3475), un anticorpo umanizzato contro PD-1, che ha incluso 135 pazienti in progressione durante terapia con ipilimumab o naïve al trattamento. Sebbene l’80% dei pazienti abbia manifestato eventi avversi legati alla terapia, quelli di grado 3 e 4 non superavano il 13%; i più frequenti erano fatigue, rash cutaneo, prurito e diarrea. Il principale investigatore di questo studio, Antoni Ribas, ha ricordato che con le immunoterapie standard il tasso di risposta era basso (circa 15%), ma dopo l’introduzione degli anticorpi anti-PD-1 questo ha superato il 30% nei pazienti con melanoma avanzato. Con lambrolizumab il tasso di risposta globale (misurato con criteri RECIST 1.1) ha raggiunto il 38% e il 90% dei pazienti ha manifestato una stabilizzazione della malattia fino a 7 – 18 mesi. Con il regime al dosaggio più alto il tasso di risposta era del 52%. Sulla base di questi risultati, Ribas ha prospettato un brillante futuro per le terapie anti-PD-1 e verso il ligando PDL1, sia nel melanoma che in altri tipi di tumori, affermando che questa classe di agenti avrà un forte impatto in oncologia nei prossimi anni. Questa previsione è supportata dai risultati di un altro studio di fase I, presentato a Chicago da Jedd Wolchok e ricordato da Razzak, sulla combinazione di ipilimumab e nivolumab, un anticorpo anti-PD-1: il doppio blocco delle vie CTLA-4 e PD-1 in modelli animali aveva favorito il rigetto del tumore e ha stimolato lo studio della sua efficacia e sicurezza in pazienti con melanoma metastatico. Nel gruppo di pazienti a regime ‘concomitante’ i due anticorpi sono stati somministrati per via endovenosa ogni 3 settimane per 4 dosi, seguiti da solo nivolumab ogni 3 settimane per 4 dosi; nei 53 pazienti che avevano mostrato beneficio clinico la terapia combinata è proseguita ogni 3 mesi (fino a un massimo di 8 dosi). Nel gruppo di pazienti a regime ‘sequenziale’, 33 pazienti pretrattati con ipilimumab hanno ricevuto l’anticorpo anti-PD-1 nivolumab ogni 2 settimane fino a un massimo di 48 dosi. Le dosi massime tollerate di nivolumab e ipilimumab erano rispettivamente 1 e 3 mg/kg. Tra i pazienti che hanno ricevuto la dose massima tollerata nel regime ‘concomitante’, più del 50% ha ottenuto risposta obiettiva e tutti i pazienti in questa coorte hanno manifestato una riduzione superiore all’80% del volume tumorale alla prima valutazione radiografica; anche quelli che avevano mostrato progressione con ipilimumab hanno risposto a nivolumab nella coorte ‘sequenziale’. Wolchok ha concluso che se lo studio di fase III recentemente iniziato (NCT01844505) mostrerà che la combinazione favorisce una sopravvivenza globale maggiore, rispetto ai singoli agenti, allora la stessa potrebbe rappresentare la terapia di prima linea del melanoma metastatico. Chiaramente lo sviluppo di nuove terapie target nel melanoma è un campo di ricerca entusiasmante e in continua evoluzione, e, anche se non si sa ancora se interesserà il singolo agente o la combinazione, di certo il target sarà PD-1.
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