Anomalie alla diagnosi sono relativamente poco comuni nella TE e non costituiscono fattore prognostico sfavorevole
Ematologi della Mayo Clinic di Rochester hanno descritto le caratteristiche cariotipiche e cliniche e la rilevanza prognostica a lungo termine delle anomalie citogenetiche al momento della diagnosi di trombocitemia essenziale (TE). Nello studio di coorte, pubblicato nella rivista European Journal of Haematology (leggi abstract originale), sono stati arruolati 402 pazienti consecutivi affetti da TE (età mediana 56 anni; follow-up mediano 70 mesi) che rientravano nei criteri diagnostici del WHO e nei quali l’analisi citogenetica era stata eseguita alla diagnosi. L’analisi dei dati ha indicato una prevalenza di citogenetica non normale alla diagnosi in 28 pazienti (7%). Le anomalie citogenetiche più frequenti erano trisomia 9 (4 pazienti), alterazioni del cromosoma 1 (3) e trisomia 8 (2). I parametri alla diagnosi significativamente associati alle anomalie citogenetiche erano splenomegalia (p = 0.03), abitudine al tabacco (p = 0.04), trombosi venosa (p = 0.02) e anemia con emoglobina < 10 g/dL (p = 0.02); la mutazione JAK2V617F e l’età avanzata non erano invece rilevanti. Durante il follow-up, i pazienti con anomalie citogenetiche non mostravano ridotta sopravvivenza o aumentata tendenza alla evoluzione in leucemia acuta o mielofibrosi.SIEnews – Numero 14 – 23 luglio 2009