Clinical trials have shown that trastuzumab, a recombinant monoclonal antibody against HER2 receptor, significantly improves overall survival and disease-free survival in women with HER2-positive early breast cancer, but long-term follow-up data are needed. We report the results of comparing observation with two durations of trastuzumab treatment at a median follow-up of 11 years, for patients enrolled in the HERA (HERceptin Adjuvant) trial. HERA (BIG 1-01) is … (leggi tutto)
Nell’analisi dello studio HERA aggiornata ad un follow up mediano di 11 anni, l’utilizzo di trastuzumab adiuvante per un anno in aggiunta al trattamento standard si conferma in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza libera da malattia e globale per pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo. La riduzione relativa del rischio di recidiva è pari al 24%, traducendosi in un beneficio assoluto del 6,8%, rispetto alla terapia standard senza l’aggiunta di trastuzumab. In termini di sopravvivenza globale, il beneficio assoluto è pari al 6,5%. Il cross-over di circa il 50% delle pazienti incluse nel braccio di controllo può aver contribuito a sottostimare il beneficio assoluto reale. L’analisi riporta inoltre l’aggiornamento del confronto tra le due diverse durate di trastuzumab (2 anni vs 1 anno), confermando
outcome sovrapponibili per i due gruppi di pazienti, a fronte di una potenziale maggiore tossicità cardiaca per la terapia più prolungata. Interessanti inoltre le analisi secondarie, che descrivono la diversa prognosi e il diverso
pattern di recidiva in base alla coespressione dei recettori ormonali. Lo studio HERA, con analisi aggiornate oltre a 10 anni di follow up mediano, continua a fornire risultati di attuale rilevanza sui benefici e rischi di un trattamento che ora rientra nella pratica clinica standard. Inoltre, risulta chiaro che la prosecuzione di trastuzumab oltre un anno di terapia non rappresenta un modo efficace per migliorare ulteriormente la prognosi delle pazienti con carcinoma mammario HER2 positivo, aumentandone il rischio di tossicità cardiaca. Da un lato, la comunità scientifica si interroga sulla possibilità di concepire una terapia con trastuzumab di durata inferiore ad un anno, dall’altro su quale sia la strategia ottimale per potenziare l’efficacia dell’attuale standard di trattamemto per le pazienti con maggiore rischio di recidiva. Ad oggi, gli studi non hanno fornito dati conclusivi. Trial clinici in corso contribuiranno a rispondere a tali quesiti.