domenica, 1 giugno 2025
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21 Dicembre 2005

TUMORE DEL SENO, LA CHEMIO AD ALTE DOSI ABBASSA DEL 13% IL RISCHIO DI MORTE

Un trial condotto dall’INT di Genova conferma la sicurezza dei regimi “dose-dense” per il trattamento adiuvante delle neoplasie mammarie in fase iniziale

Genova, 7 dicembre – Un trattamento chemioterapico somministrato una volta ogni due settimane (invece delle tradizionali 3) migliora la sopravvivenza e riduce il rischio di recidive nelle donne con tumore del seno linfonodo positive allo stadio iniziale. La conferma arriva da un trial clinico tutto italiano condotto dal Gruppo Oncologico Nord Ovest-Mammella InterGruppo (GONO-MIG) e coordinato dal dott. Marco Venturini, oncologo dell’Istituto dei Tumori di Genova, pubblicato oggi sul “Journal of the National Cancer Institute”, una delle più prestigiose riviste scientifiche dell’oncologia.
Lo studio, iniziato nel 1990, ha arruolate 1214 donne con tumore allo stadio iniziale Le pazienti sono state suddivise in due gruppi: uno è stato sottoposto a 6 cicli di FEC (5-Fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide) ogni 2 settimane (dose-dense), l’altro ogni 3 (regime standard). Alle donne curate con il regime “dose–dense” è stato somministrato anche filgrastim per stimolare la produzione di globuli bianchi.
“Ad un follow-up medio di 10 anni – spiega il dott. Venturini – è stata riscontrata una riduzione del 13% del rischio di morte nelle donne sottoposte a regime FEC, a fronte di maggiori effetti collaterali, come anemia, trombocitopenia, dolore osseo, in ogni caso facilmente gestibili”.
I risultati ottenuti dal gruppo italiano confermano quindi la sicurezza del regime chemioterapico ad alte dosi con filgristim come terapia adiuvante del tumore della mammella. “Il regime FEC somministrato ogni due settimane – conclude Venturini – non garantisce miglioramenti statisticamente rilevanti in tutto il gruppo di pazienti. Nelle donne più giovani (meno di 50 anni) e con tumori che sovraesprimono il recettore HER2, e negative per i recettori ormonali, i risultati sono però particolarmente significativi. In queste pazienti si ha il doppio vantaggio di un trattamento di durata più breve e più efficace”.
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