LA MENOPAUSA IN ITALIA E LA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA
Questa analisi evidenzia un problema ‘culturale’ che spezza in due il nostro Paese. Mentre nel Nord Italia l’Hrt è utilizzata più o meno nella stessa percentuale della media europea (10,4%), nelle regioni del sud la sua diffusione crolla al 5%.
Il trend nella diffusione dell’Hrt
In Italia negli ultimi 10 anni vi è stata una progressione costante nell’utilizzo di Hrt. Se nel 1990 infatti la percentuale era intorno all’1,5%, nel 2001 si è arrivati all’8,4%. Tuttavia negli ultimi 3 anni si è assistito a un rallentamento della sua diffusione, con un incremento medio dello 0,1%, rispetto all’1% dei precedenti 7 anni. Nonostante questo, gli esperti ritengono si tratti di una crescita normale, fisiologica: staremmo insomma raggiungendo un livello sufficiente per la nazione, anche se da questi dati appare chiaro che non saranno mai eguagliate le percentuali di diffusione del 30% ottenute in altri Paesi europei.
Le utenti potenziali
Un altro calcolo interessante può essere effettuato analizzando il dato sulle “utenti potenziali” nelle singole regioni. Ad esempio, la Valle D’Aosta, con uno 0,21% di utenti potenziali, è ai primi posti (10,43%) nell’ utilizzo di Hrt.
Il Trentino Alto Adige, che ha una tra le più basse percentuali di utenti potenziali, si trova al primo posto in Italia nell’utilizzo dell’ Hrt, con il 13,24%.
Si tratta comunque sempre di dati molto inferiori a quelli dei più importanti Paesi Europei (il più basso è della Francia col 20,3). La Campania, a conferma dei dati generali, registra una diffusione reale dell’Hrt pari al 4,44%, a fronte di una percentuale alta di potenziali utilizzatrici (8,77%).
2. LA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA
L’importanza della corretta informazione alle donne è al primo posto nella politica sull’utilizzo di terapia ormonale sostitutiva. L’Hrt non è un obbligo, ma ha alcune funzioni importanti. Innanzitutto dobbiamo considerare un dato storico importante: l’età media della donna si è alzata moltissimo, fino a superare gli 80 anni. L’età media d’ingresso alla menopausa è invece rimasta costante (51 anni). Dunque il periodo medio che la donna passa in menopausa dura circa 30 anni: più di un terzo di tutta la vita.
I disturbi delle donne in tarda età rappresentano un problema non solo per lo stato di salute e la qualità di vita, ma anche un costo sociale non indifferente. Basti pensare all’osteoporosi e ai costi che comporta sia in termini di mortalità per fratture di femore, sia in termini di lungodegenze, sia, infine, in termini di assistenza sanitaria domiciliare.
È ovvio che non tutte le donne necessitano di Hrt. La valutazione dello stato di salute e della presenza o meno di fattori di rischio rappresenta un momento essenziale per prescrivere o meno la terapia. D’altra parte esiste una consistente percentuale di donne che soffre di sintomi importanti e fastidiosi, quali vampate di calore, insonnia, ansia e irritabilità che peggiorano considerevolmente la qualità di vita. Sono tutte conseguenze della privazione ormonale, che, se adeguatamente compensata con l’Hrt, scompaiono rapidamente con immediato sollievo e benessere. Esistono infine altre donne che, pur non avendo sintomi così eclatanti, tendono a manifestare nel medio termine i segni di un’atrofia urogenitale. Alla secchezza vaginale (con difficoltà dei rapporti e conseguente riduzione dell’attività sessuale) si accompagnano frequentemente sintomi urinari, quali la minzione frequente e la ricorrenza di cistiti. Anche in questo caso la terapia è consigliata, perché consente un significativo miglioramento dei sintomi. Dato che l’Hrt è possibile oggi con prodotti farmaceutici differenziati, utilizzabili con varie vie di somministrazione, è possibile una personalizzazione del trattamento che tenga conto anche delle preferenze della donna.
Il ruolo preventivo della terapia
Prevenzione osteoporosi
Una donna in salute, che non lamenta nessun disturbo ma è una forte fumatrice, non fa sport, è sedentaria, rappresenta una vittima potenziale dell’osteoporosi. Per questo è necessario informarla che dopo un certo numero di anni l’osteoporosi può diventare grave, determinare uno schiacciamento vertebrale progressivo, un incurvamento della schiena, con elevatissimo rischio di fratture. Anche se esistono formulazioni farmaceutiche – non di tipo ormonale – efficaci per prevenire l’osteoporosi, va spiegato che l’Hrt ha il raggio d’azione più vasto, non raggiungibile con nessun altro farmaco. Contemporaneamente alla prevenzione dell’osteoporosi, inoltre, si impedisce lo sviluppo di atrofia urogenitale, si migliora il trofismo cutaneo, l’impalcatura non solo ossea ma anche connettivale (questo può migliorare e prevenire gli effetti di incontinenza urinaria in tarda età).
Prevenzioni dei rischi cardiovascolari
Il fatto che l’Hrt sia in grado di svolgere un’azione di prevenzione primaria è ormai dato certo: chi si sottopone a terapia ormonale sostitutiva presenta un tasso di mortalità per incidente acuto cardiovascolare molto inferiore rispetto a chi non fa terapia. È invece ancora aperto il dibattito sulla possibilità di utilizzare l’Hrt come prevenzione secondaria.
I rischi della terapia
A . il tumore della mammella
E’ stato calcolato che
– Dopo 5 anni di trattamento su 1.000 casi di tumore l’Hrt ne aggiunge 2
– Dopo 10 ne aggiunge 4
– Dopo 15 ne aggiunge 6
Sono dati che si basano su annotazioni statistiche in cui sono stati considerati tutti i fattori di rischio. Comunque sia, pur verificandosi un minimo incremento di incidenza, la mortalità è minore nelle donne che fanno terapia.
B. Il carcinoma dell’endometrio
Una volta combinata la terapia, cioè la dose di progestinico adeguata a controbilanciare l’effetto degli estrogeni, il rischio diventa zero.
E’ stato dimostrato che somministrare Hrt a una donna operata di cancro dell’endometrio non aumenta il numero di recidive di tumore.
C. Il tromboembolismo venoso
E’ di fatto un rischio che aumenta in modo certo con la terapia ormonale sostitutiva. Questo aumento è di circa 3 volte superiore nelle donne che assumono ormoni rispetto a quelle che non sono in terapia, ma si tratta comunque di un evento che si può considerare raro. È altrettanto vero che per una donna che ha avuto una tromboflebite recente, un episodio tromboembolico in passato – soprattutto se in gravidanza – le controindicazioni sono decisamente importanti.
3. I PROGRAMMI PER IL FUTURO
La Società Italiana della Menopausa ha l’obiettivo di attivare numerosi “centri per la menopausa”, creando una rete nazionale capillare e integrata. I centri, collegandosi tra loro, devono stimolare ricerche cliniche interdisciplinari sui diversi aspetti della patologia dell’età postmenopausale e divenire punti di riferimento per le aziende farmaceutiche che studiano e propongono innovazioni terapeutiche.
La società è già stata contattata dal Ministero della salute per la stesura di linee guida utili all’organizzazione di tali centri. Si tratta di uno strumento fondamentale che consente di migliorare l’informazione, di prescrivere correttamente le terapie e soprattutto di studiare la situazione nazionale che oggi si basa soprattutto su dati provenienti dai pochi centri funzionanti.
Un altro punto importante è il coinvolgimento dei diversi specialisti nella gestione della paziente in menopausa: internista, cardiologo, oncologo, psichiatra, ortopedico, reumatologo ecc.
Il problema, infatti, non è aumentare la percentuale di utilizzo di Hrt, ma ottenere un suo utilizzo corretto, cioè la prescrizione alle donne che ne hanno veramente bisogno, dopo averle informate in modo esaustivo.
A questo proposito diventa strategico divulgare una ‘cultura della menopausa’, delle patologie correlate e, più in generale, della senilità. In quest’ottica, il centro per la menopausa non deve divenire un ‘prescrittore’ di Hrt, ma un punto di riferimento per la salute della donna, la prevenzione dei disturbi in menopausa, la qualità di vita.