COS’E’ LO SCOMPENSO CARDIACO
Lo scompenso può essere causato da numerose malattie e quindi il trattamento potrà essere diverso a seconda dell’origine della patologia. Il muscolo cardiaco può essersi indebolito per ipertensione arteriosa, ostruzione delle coronarie o altre malattie come la cardiomiopatia dilatativa. Può diventare meno elastico a causa dell’età avanzata, oppure le valvole del cuore possono essersi ristrette o non ‘tenere’ più il flusso del sangue. Può derivare anche da una malattia del cuore presente fin dalla nascita, ma che si è manifestata più tardi. In certi casi alcune di queste cause possono essere presenti contemporaneamente.
La cardiomiopatia dilatativa
E’ una delle più frequenti cause di scompenso cardiaco in età giovanile, seconda causa di trapianto cardiaco nel mondo. E’ molto spesso causata da una cardiopatia ischemica (conseguenza di precedenti infarti), ma in più di un terzo dei casi ha una trasmissione familiare: una percentuale decisamente superiore a quanto si ritenesse in passato. La malattia si caratterizza per il progressivo “indebolimento” del muscolo cardiaco con dilatazione e riduzione della capacità di contrarsi. La consapevolezza della frequente base familiare, e quindi genetica, della malattia sta stimolando numerose ricerche per definire quale sia il gene coinvolto.
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I NUMERI DELLO SCOMPENSO
La diffusione
Grazie ai progressi della terapia, il prolungamento della sopravvivenza di pazienti affetti da svariate malattie cardiovascolari (post infarto, ipertensione arteriosa…) e destinati altrimenti a morire, ha determinato un incremento epidemiologico dello scompenso.
In Europa sono oltre 5 milioni le persone affette da questa patologia e ogni anno si registrano da 3 a 20 nuovi casi ogni 1.000 abitanti. In Italia questa condizione affligge circa 600.000 persone, con una prevalenza di circa 20 casi ogni 1.000 abitanti. Sempre in Italia lo scompenso cresce con un ritmo di 87.000 nuovi casi all’anno, pari a un’incremento dell’incidenza del 0,2% all’anno. Questo valore cresce ulteriormente nella popolazione di età superiore a 65 anni, dove la malattia colpisce circa 130 persone su 1.000. Il rischio di sviluppare uno scompenso cardiaco, relativamente basso nelle persone giovani, raddoppia successivamente per ogni decade. Circa il 6-8% della popolazione europea più anziana soffre di scompenso.
I costi
I costi della terapia dello scompenso cardiaco superano quelli di qualunque altra patologia dell’anziano. Recenti stime economiche indicano infatti che, in Europa e negli Stati Uniti, la patologia è responsabile dell’ 1-2% delle spese sanitarie totali.
Un aspetto particolarmente negativo, sia per il paziente sia per i costi a carico della società, è l’elevata frequenza di ospedalizzazione e riospedalizzazione. In Italia un paziente su quattro fra quelli visitati una prima volta negli ambulatori dedicati allo scompenso delle varie divisioni di Cardiologia viene ospedalizzato o riospedalizzato entro un anno. Questa cifra sale al 40% se si considerano i pazienti che hanno uno scompenso medio–grave.
La prognosi
La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con scompenso cardiaco è solo del 50%, un dato addirittura peggiore rispetto alla sopravvivenza totale dei pazienti con tumore. La sopravvivenza media è di 1.7 anni nei maschi e di 3.2 anni nelle donne.
Nonostante i progressi nella terapia, la prognosi rimane infausta, poichè la malattia tende a peggiorare, la forza e la coordinazione del cuore declinano progressivamente e si instaurano disturbi del battito cardiaco che possono essere fatali. In media, il 50% dei pazienti muore di morte improvvisa, dovuta a fibrillazione ventricolare o arresto cardiaco, condizioni che portano ad una completa perdita della contrazione cardiaca. L’altra metà dei pazienti muore per l’esaurimento meccanico delle capacità del cuore di pompare sangue.
LA RESINCRONIZZAZIONE CARDIACA
Lo scompenso cardiaco è dunque un potenziale killer per milioni di persone oltre a essere una diffusa condizione di grave disabilità.
Per chi ne è colpito, due sono gli aspetti fondamentali
1. Qualità di vita – I pazienti con scompenso avanzato soffrono di stanchezza, difficoltà respiratoria, limitazioni della capacità di esercizio. Inoltre devono assumere molti farmaci, sono frequentemente ricoverati e spesso non riescono a svolgere le attività della vita quotidiana.
2. Lunghezza della vita (Prognosi) – Oltre ad avere una scarsa qualità di vita, l’aspettativa di vita è scoraggiante. Infatti la prognosi dello scompenso è peggiore rispetto a quella di tutti i tumori.
La “desincronizzazione”. Nel 30-50% dei pazienti con scompenso, le 4 camere del cuore hanno perso la capacità di lavorare in squadra, ovvero in modo coordinato. Le parti del cuore, in altri termini, sono “fuori tempo” rispetto al fisiologico ritmo di riempimento e svuotamento e questo influenza negativamente la capacità di pompare una adeguata quantità di sangue verso gli organi vitali. E’ allora che il paziente sviluppa sintomi come stanchezza e affanno. Inoltre, inizia un accumulo di fluidi che fa sentire il paziente congestionato e produce gonfiore alle caviglie e alle gambe.
La morte improvvisa. Un problema frequente in pazienti con scompenso è la morte cardiaca improvvisa, che può verificarsi quando il cuore inizia a battere in modo rapido ed anormale (fibrillazione ventricolare) e risulta incapace di pompare anche minime quantità di sangue. Se non trattato, il paziente perde conoscenza e può morire entro pochi minuti.
Il pacemaker biventricolare, la nuova soluzione. Le persone con scompenso avanzato possono oggi ricevere un apparecchio per la resincronizzazione cardiaca, dispositivo simile a un tradizionale pacemaker, con la capacità di trattare sia i disturbi della coordinazione cardiaca che le pericolose anomalie del ritmo, cioè gli aspetti cruciali della malattia. Queste due terapie, oggi disponibili in un singolo dispositivo simile ad un pacemaker, possono aiutare milioni di pazienti a vivere una vita migliore, e più a lungo.
Il dispositivo viene impiantato sotto la cute a livello del petto e, attraverso fili collegati ad entrambe le camere ventricolari (sinistra e destra) del cuore, monitorizza ogni battito cardiaco. Esplica due funzioni contemporaneamente:
· Come un pacemaker fornisce assistenza al cuore attraverso l’erogazione di impulsi elettrici, migliorando la sincronizzazione del battito tra le due parti del cuore e aumentando la forza della sua contrazione.
· Come un defibrillatore è capace di riconoscere i ritmi cardiaci anormali e di somministrare, quando necessario, uno shock salvavita per ripristinare il normale ritmo cardiaco, prevenendo la morte improvvisa.
LO STUDIO COMPANION
E’ uno studio disegnato per verificare se è possibile ridurre la mortalità dei pazienti con scompenso cardiaco grazie ad un nuovo trattamento.
Il trial, chiamato COMPANION (Comparison of Medical Therapy, Pacing, and Defibrillation in Chronic Heart Failure), è uno studio prospettico, multicentrico, randomizzato ed ha coinvolto oltre 1.600 pazienti con scompenso cardiaco avanzato in 130 centri negli Stati Uniti. I pazienti arruolati avevano una severa riduzione della funzione del ventricolo sinistro, la parte del cuore che pompa il sangue ossigenato a tutti gli organi vitali.
Il disegno dello studio è mostrato nella figura. I pazienti venivano inviati ad una terapia medica ottimale, o all’impianto di dispositivi per la resincronizzazione cardiaca in aggiunta alla terapia medica ottimale. Questi ultimi includevano il il dispositivo CONTAK TR con sola funzione di resincronizzazione, oppure il CONTAK CD dispositivo dotato di una ulteriore funzione, quella di defibrillare il cuore in caso di aritmia.
Precedenti studi avevano dimostrato che la terapia di risinronizzazione cardiaca migliora la capacità di esercizio e la qualita di vita. Lo studio COMPANION e’ il primo a dimostrare nel lungo termine (3 anni di follow-up) una riduzione clinicamente significativa della mortalità totale e delle ospedalizzazioni grazie al trattamento resincronizzante. Anche nel braccio di terapia resincronizzante combinata con defibrillatore si assiste ad una riduzione di mortalità. Questi straordinari nuovi risultati su una malattia così critica ed in fase avanzata avranno un importante impatto sul benessere e la cura di pazienti con scompenso cardiaco.
L’interruzione dello studio COMPANION è stata raccomandata dal Safety Data Monitoring Board, una commissione indipendente che monitorizzava il trial, con la motivazione che l’obiettivo primario era stato raggiunto. In particolare, l’end-point combinato, definito in modo prospettico, era rappresentato dalla mortalità per tutte le cause e le ospedalizzazioni per tutte le cause. I risultati del COMPANION, che saranno presentati e pubblicati all’inizio del 2003, verranno presto sottoposti alla FDA ed alle agenzie regolatorie internazionali; se approvate, potrebbero espandere significativamente l’uso di questi dispositivi nei pazienti con scompenso.
IL DISPOSITIVO: COS’E’, COME FUNZIONA
L’apparecchio. E’ un piccolo apparecchio, di dimensioni inferiori a quelle di un cellulare e del peso di circa 80 g, capace di generare impulsi elettrici ed inviarli al cuore attraverso piccoli sondini (cateteri) inseriti attraverso le vene del braccio del paziente. Questi sondini raggiungono entrambe le camere ventricolari del cuore, a differenza del normale pacemaker, che stimola solo il ventricolo destro.
L’intervento. Il generatore viene posizionato in una piccola tasca creata nel muscolo pettorale del paziente, invisibile dopo la cicatrizzazione della piccola incisione cutanea. Per eseguire l’intervento, non e’ necessaria anestesia totale e l’impianto e’ completato in 40-60 m. Il tempo di degenza e’ in genere 1 giorno. Non sono necessarie speciali cure farmacologiche per i pazienti che si sottopongono a questo intervento.
Cuore più forte. I sondini che vanno al cuore inviano contemporaneamente un impulso elettrico alla parte destra e sinistra del muscolo, sincronizzandone la contrazione. Ne deriva un beneficio immediato dopo l’accensione dell’apparecchio: il cuore si contrae meglio e riesce a pompare piu’ sangue agli organi vitali, il paziente si sente meglio e riesce a svolgere una maggiore attività fisica.
Apparecchio salvavita. L’apparecchio dotato di defibrillatore è in grado di monitorare l’attività cardiaca come un normale pace-maker, ma ha in piu’ la capacità di accorgersi immediatamente se si verifica un blackout negli impulsi elettrici del cuore, cioe’ un’aritmia letale. In questo caso, l’apparecchio e’ in grado di risolvere la situazione erogando automaticamente un impulso elettrico molto forte (shock), esattamente come si vede fare in pazienti svenuti e rianimati col defibrillatore esterno. Questo shock azzera l’elettricità cardiaca e consente al pacemaker di prendere il comando della situazione, facendo ripartire il battito cardiaco. Importante ricordare che l’aritmia e l’azione del dispositivo vengono registrate nella memoria del defibrillatore: il medico puo’ così stabilire i provvedimenti piu’ appropriati a ciascun paziente.
Controindicazioni e complicanze.
La principale controindicazione e’ la presenza di malattie concomitanti che si associno ad un’aspettativa di vita inferore a 6 mesi o patologie psichiatriche che possano essere aggravate dall’intervento. Le complicanze dell’intervento, modestissime, sono le stesse di un normale impianto di pace-maker, una procedura eseguita in medicina da oltre 20 anni.
LA VITA DOPO L’INFARTO:
IL NUOVO RUOLO DEL DEFIBRILLATORE
La morte improvvisa uccide più dell’Aids, del cancro al polmone e del tumore alla mammella messi insieme. Sono più di 300.000 le persone, spesso giovani o giovanissimi, che ogni anno in Europa muoiono improvvisamente e senza una ragione apparente. Per le loro famiglie, molto si può fare oggi con l’ausilio della genetica che da alcuni anni ha messo in luce la presenza di un fattore ereditario in chi subisce danni cardiaci di questo tipo.
Ma per altri 200.000 più fortunati che sopravvivono all’arresto cardiaco, la speranza viene dalla tecnologia, da un defibrillatore impiantabile in grado di ridurre del 30% il rischio di morte per infarto a persone che, avendone già subito uno, vivono con un cuore indebolito.
Lo studio denominato MADIT II ha già dimostrato con assoluta certezza l’efficacia del defibrillatore impiantabile tanto che la sperimentazione è stata interrotta prima del termine. Nell’ultimo anno a circa 60.000 pazienti in tutto il mondo è stato impiantato un defibrillatore e a breve il numero dei pazienti che potranno beneficiare di questa terapia sarà notevolmente incrementato.
Anche in Italia la morte improvvisa colpisce ogni anno 70.000 persone e di queste molti sono pazienti già sopravvissuti ad un infarto precedente. Il 91,7% delle persone colpite da arresto cardiovascolare muore prima di raggiungere l’ospedale. La rapidità con la quale si manifesta l’arresto cardiocircolatorio non lascia molto tempo per l’intervento delle unità coronariche di soccorso, che pure, nell’arco di un decennio, hanno consentito di ridurre la mortalità del 20%.
I dati clinici parlano chiaro: molte persone potrebbero essere salvate se la defibrillazione venisse attuata entro un brevissimo lasso di tempo da testimoni in grado di utilizzare un defibrillatore semiautomatico. Da qui un’ulteriore conferma che il defibrillatore automatico rappresenta la nuova frontiera per prevenire la morte improvvisa dei post-infartuati.
MADIT II, studio prospettico multicentrico randomizzato, ha arruolato più di 1200 pazienti post-infartuati, in 71 centri negli Stati Uniti e in 5 centri in Europa. Iniziato 5 anni fa, MADIT II aveva lo scopo unicamente di dimostrare che il Defibrillatore Automatico Impiantabile, rispetto alla terapia farmacologia convenzionale, aumenta la sopravvivenza dei pazienti che hanno subito un attacco cardiaco, con un conseguente moderato indebolimento del ventricolo sinistro, il maggior responsabile del volume di sangue immesso in circolo. Lo studio, i cui dati sono stati analizzati dal Data and Safety Monitoring Board (DSMB), è stato interrotto prima di quanto previsto, perché ha ormai chiaramente dimostrato che i post-infartuati ai quali è stato impiantato il defibrillatore sopravvivono di almeno il 30% in più rispetto ai post-infartuati trattati con la terapia farmacologia convenzionale.
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Scompenso, i fattori di rischio
L’ipertensione è il fattore di rischio più importante per lo sviluppo di scompenso cardiaco. Numerosi studi documentano che circa 2/3 dei pazienti con scompenso (SCC) hanno sofferto di ipertensione. Framingham ha dimostrato che i maschi ipertesi avevano il doppio del rischio di sviluppare scompenso, e che le donne ipertese avevano un rischio 3 volte più elevato.
Altri fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo di scompenso cardiaco sono: l’angina pectoris, il diabete, l’ipertrofia ventricolare sinistra, l’infarto miocardico e le valvulopatie. La tabella alla pagina seguente illustra il rischio relativo* di questi fattori, distribuiti tra uomini e donne.
* Rischio relativo: in epidemiologia è la misura (del rischio) data dal rapporto tra l’incidenza della malattia nel gruppo delle persone a rischio e l’incidenza della stessa nelle persone non esposte.
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Prevenzione e terapia
La prevenzione o il trattamento precoce dell’ipertensione, che è uno dei principali fattori di rischio per lo scompenso, sono necessarie per diminuire la probabilità di sviluppo di questa grave patologia. Per interrompere l’effetto domino di eventi che porta allo scompenso è anche necessario il controllo di altri fattori di rischio, come l’obesità, il diabete e il fumo.
E’ raccomandato che tutti I pazienti con scompenso adottino modificazioni dello stile di vita, seguendo particolari regimi dietetici e un programma di esercizio sotto supervisione medica.
Ai pazienti viene anche prescritta una terapia farmacologica per migliorare la funzione cardiaca, ricorrendo secondo necessità a varie classi di medicinali, ad esempio vasodilatatori, inotropi, diuretici, betabloccanti, farmaci che fluidificano il sangue (anticoagulanti) ed anti-aritmici.
Nei casi più gravi, I pazienti possono richiedere altri interventi o procedure chirurgiche, ad esempio la sostituzione di una valvola cardiaca, l’impianto di un dispositivo per il trattamento di aritmie maligne (defibrillatore), il ricorso a dispositivi di assistenza ventricolare o, infine, il trapianto cardiaco.
Nuovi dispositivi impiantabili per la resincronizzazione cardiaca, come il dispositivo CONTAK CD® dotato anche di capacità di defibrillazione ventricolare, rappresentano una nuova opzione terapeutica per alcuni dei pazienti con scompenso cardiaco.
INDICAZIONI UTILI PER CHI SOFFRE DI SCOMPENSO
1) dieta: mantenere peso ideale, ridurre cibi contenenti colesterolo (tuorlo d’uovo, pancetta, cervella, dolci molto ricchi, etc.)
2) esercizio fisico: consigliato regolare e moderato (confortevole per il paziente); riposo a letto solo per brevi periodi in caso di scompenso acuto
3) alcol: eliminarlo totalmente; se ciò fosse veramente impossibile, solo quantità molto moderate
4) fumo: indispensabile eliminarlo
5) vaccinazioni: influenza e pneumococco
6) liquidi (per le situazioni più gravi): limitarne l’assunzione a meno di due litri; rivalutarne l’assunzione (e l’uso dei diuretici) in caso di estremo caldo, diarrea, vomito, febbre