SPORT, NIENTE PAURA PER CHI HA PROBLEMI DI CUORE
“Lo spettro della morte improvvisa – continua la prof. Penco – è un forte deterrente a praticare sport. Circa il 20-40% delle persone intorno ai 40 anni ha una pressione sanguigna elevata e spesso teme di poter essere a rischio di questo evento catastrofico. Va invece sottolineato che la morte improvvisa da sport è un fatto estremamente raro (0,5% della popolazione generale) ed in genere si verifica in sportivi di livello agonistico medio-basso, molto spesso occasionali, che affrontano uno sforzo superiore al proprio livello di allenamento. L’attività sportiva può quindi essere pericolosa solo se non vi è un adeguato screening attraverso una visita medica annuale”. In questo senso quali sono le regole da seguire? “In età giovanile – spiega l’esperta – può essere utile sottoporsi ad una visita medica e, se si pratica attività agonistica, questo è reso più facile dall’obbligo di legge della certificazione del Medico dello Sport, meglio se in Centri qualificati; oltre i 30-40 anni, anche se non si pratica attività agonistica, è opportuno effettuare un accurato controllo dal cardiologo con visita medica, analisi del sangue ed esecuzione di un elettrocardiogramma da sforzo; i cosiddetti Master, oltre i 40 anni, devono effettuare una visita cardiologica ancora più completa con esecuzione anche di un ecocardiogramma”.
Sempre con l’intento di promuovere lo sport come parte di uno stile di vita sano, per la prima volta nell’ambito di un congresso nazionale, la SIC dedica uno spazio a questo tema in una apposita rotonda che vedrà confrontarsi cardiologi e medici generali, con lo scopo di favorire il dialogo su queste importanti tematiche. Al centro dell’attenzione ci saranno i fattori di rischio e l’attività fisica praticata anche a livelli non sportivi, come il smeplice camminare. “Infatti – conclude Penco – il problema reale è che sono ancora in pochi a praticare attività fisica in maniera razionale: a seguire uno stile di vita che comprende una sana ed equilibrata alimentazione e prevede l’abolizione di cattive abitudini come il fumo. In questo contesto l’apporto educazionale del medico di famiglia risulta fondamentale”.