SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PROF. MASSIMO CHIARIELLO
Uno dei risultati principali di questi studi riguarda l’antiaggregazione piastrinica, la terapia che ha lo scopo di evitare la trombosi che provoca le sindromi coronariche acute. Oggi si ritiene che l’antiaggregazione vada effettuata con più farmaci, che consentono di bloccare tutte le possibili strade dell’aggregazione piastrinica. L’aspirina è il farmaco efficace ed utilizzato da tutti, ma non è sufficiente: nei pazienti con sindromi coronariche acute l’aggiunta di farmaci di ultima generazione come il clopidogrel, che agiscono sulle piastrine ad un diverso livello, è necessaria per ridurre il rischio di successivi eventi quali l’ictus, l’infarto o la morte.
E’ essenziale che sia le strutture ospedaliere ed assistenziali dei vari paesi Europei, gli stessi medici ma anche le autorità regolatorie, si adeguino alle più aggiornate Linee Guida. L’Italia ha contribuito in buona misura a sviluppare gli studi alla base delle Linee Guida ed ha raggiunto un elevatissimo standard nelle cure ai pazienti. Malgrado ciò vi sono nel nostro paese alcune limitazioni nell’attuazione delle raccomandazioni più recenti, che prevedono per esempio l’utilizzazione frequente di interventi di cardiologia invasiva (angioplastica). C’è quindi la necessità di ampliare la rete dei centri di cardiologia interventistica e coordinarli in modo più efficiente: è uno sforzo che stiamo compiendo come società.
Un ulteriore problema è il ritardo dell’Italia nell’adeguarsi ai risultati dei grandi studi. Ad esempio esistono dei farmaci prescritti dalle Linee Guida che non sono utilizzabili liberamente nel nostro Paese perchè, a differenza di quanto accade negli altri stati dell’Unione, non sono inseriti nei prontuari terapeutici all’interno della categoria rimborsata.
Questa situazione dimostra come il problema del costo dovrebbe essere valutato complessivamente, in un discorso di risparmio in termini di vite salvate.
Per un anno di un efficace trattamento antiaggregante piastrinico il costo è pari a circa 500 euro per paziente, che di per sè è ragionevole, soprattutto considerando che questo farmaco comporta una riduzione del 20% del rischio combinato di morte, infarto o ictus a un anno. Ciascun episodio evitato produce sicuramente un risparmio, considerando l’elevato costo non solo di cure in fase acuta e di riabilitazione, ma anche i costi umani e sociali sicuramente rilevanti.
IL PROF. CHIARIELLO E’ IL PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI CARDIOLOGIA