IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
Un elemento che può influenzare i rapporti tra gli attori è il sistema di mercato. Tutti i paesi europei hanno già introdotto e stanno introducendo meccanismi “di quasi mercato” all’interno dei servizi sociali, in quanto questi meccanismi, oltre a portare ad un miglioramento della qualità dei servizi, attraverso regole di corretta competizione tra erogatori, stimolano lo spirito di iniziativa non solo di chi opera all’interno dei sistemi, ma anche dei fruitori, allargando e sostenendo le forme di auto-organizzazione e auto-aiuto. Inoltre i meccanismi di un mercato, sia pure controllato, caratterizzati dalla separazione tra la funzione di finanziamento e quella di erogazione delle prestazioni, favoriscono anche il decentramento della gestione dell’offerta, avvicinandola alle istanze dei cittadini-utenti.
L’esperienza del mercato applicato ai servizi sanitari e sociosanitari, condotta da oltre un decennio in Inghilterra e promossa nell’ultimo quinquennio in Olanda, Germania, Francia, e avviata in Italia, consente già alcune prime riflessioni circa l’inadeguatezza e i rischi di un approccio mercantile “acritico” ai servizi alla persona e la necessità quindi di introdurre invece regole mirate, che utilizzino gli aspetti positivi del mercato, quali:
a) il superamento dei tradizionali sistemi di offerta basati sulle gerarchie degli Enti
b) l’individuazione, da parte del soggetto pubblico, delle regole generali che caratterizzano prestazioni e servizi (requisiti essenziali);
c) la gestione operativa affidata a soggetti terzi rispetto all’Ente “regolatore”;
d) la promozione e sviluppo di forme di welfare leggero, consistenti in iniziative formali ed informali affidate alle organizzazioni della società civile e ai singoli cittadini;
e) la valorizzazione dell’iniziativa personale e familiare con affiancamento di risorse di parte pubblica.
Gli attuali percorsi sociosanitari
Nonostante le norme nazionali (legge Bassanini) e regionali sulla semplificazione amministrativa, che hanno raccomandato facilità di accessi ed eliminazione degli “intoppi” burocratici, gli attori che veicolano gli accessi ai servizi sanitari e sociali (e che ovviamente, in successione influenzano la continuità di cura) sono molteplici:
• Operatori sociali dei Comuni
• Uffici del Distretto o della medicina primaria
• Medici di Medicina generale
• Medici specialisti
• Unità di valutazione pluriprofessionali
• Pronto soccorso
• Unità operative ospedaliere.
Dall’analisi della relazione fra i diversi attori emerge il dato preoccupante dell’incomunicabilità. Ci troviamo ancora di fronte a separatezza e discontinuità dei processi assistenziali, che non va solo a scapito dell’utente e della qualità dell’assistenza, ma anche della razionalità ed equità della spesa. Troppo spesso nei processi di erogazione delle prestazioni si procede per “automatismi” tra domanda e prestazione. Invece il bisogno è personalizzato e spesso complesso e la corrispondenza tra bisogno e prestazione non è automatica, anzi richiede un’analisi multifattoriale del bisogno per predisporre le risorse più appropriate nell’ambito di “un contratto per la salute” con l’utente. In altre parole, le strutture direzionali e operative dei servizi sociosanitari devono adottare le scelte di “empowerment” che, oltre a far crescere coloro che effettuano la domanda e quindi a definire maggiormente l’appropriatezza dell’offerta, possono offrire un valido aiuto alla flessibilità dei servizi ed impedire una loro autolegittimazione, lontana dalle richieste e dai reali bisogni dei cittadini.
L’innovazione nelle procedure di assistenza: i percorsi assistenziali condivisi
Nel novembre 1998, il Governo, d’intesa con le Regioni, propone per le grandi scelte e strategie del sistema sanitario italiano e regionale, un piano sanitario nazionale, che si definisce: Patto per la salute, i cui contenuti sono riconfermati dal nuovo piano 2001/2003 in via di elaborazione. La legge 328/2000 di riforma dei servizi sociali, introduce anch’essa il welfare delle responsabilità e delle condivisioni, tra istituzioni pubbliche, terzo settore e società civile. La rete del sistema sociale e sociosanitario deve essere aggiornata a questi principi e richiede, da parte dei gestori, alcune regole e aggiustamenti per la definizione di nuovi percorsi assistenziali che vadano a superamento della discontinuità e della separatezza. Processi semplificati, appropriatezza delle prestazioni, condivisione e contrattualità operatori/utente, continuità assistenziale anche con una pluralità di erogatori sono le parole chiave da utilizzare per l’innovazione e per la qualità assistenziale.
Un percorso assistenziale tipo comprende dall’accesso, alla presa in carico alla erogazione di prestazioni, alla verifica degli outcome; in queste procedure la sequenza del “percorso” si può così sintetizzare:
• domanda
• analisi del bisogno e definizione del problema
• piano di assistenza
• verifiche e controlli sugli esiti e sulla qualità delle prestazioni.
Le linee di sviluppo per la strategia della continuità assistenziale
Il distretto è il contenitore territoriale in cui sono collocati servizi e prestazioni per la comunità locale e soprattutto per le persone fragili. Le funzioni strategiche del distretto si articolano a partire dal programma delle attività territoriali (Pat), dove l’analisi dei bisogni deve collegarsi con la selezione degli obiettivi di salute e con le strategie per conseguire la continuità assistenziale, sia all’interno dei servizi distrettuali, che nei confronti dei presidi ospedalieri e con il dipartimento di prevenzione. Il programma delle attività territoriali è la sede di condivisione dei patti distrettuali per la salute, dove le risorse sanitarie, sociali e di altra natura, sono governabili unitariamente. In quest’ottica il programma delle attività territoriali è chiamato a misurarsi con i problemi fondamentali del sistema sanitario: la prevenzione e la promozione della salute, l’educazione e l’orientamento della domanda, la continuità assistenziale, la cura e la riabilitazione, l’uso appropriato delle risorse. In esso devono essere raggiunti gli equilibri sostenibili tra crescita della domanda e sostenibilità della spesa, ovvero l’incontro tra diritti e doveri con la risposta prioritaria da offrire ai soggetti svantaggiati.
Interlocutori privilegiati per l’elaborazione del programma delle attività territoriali sono i Comuni che con gli altri soggetti pubblici e privati presenti nel territorio (volontariato, associazionismo sociale, organizzazioni dei cittadini e soggetti no-profit) devono rappresentare le istanze della popolazione e negoziare con il Direttore dell’Azienda sanitaria e con quello di Distretto, risorse umane e finanziarie per realizzare le attività previste, a cui deve seguire una verifica che ha specifiche ricadute anche sulla valutazione delle Direzioni aziendali.
La continuità assistenziale, come strategia, investe le responsabilità del distretto, nei rapporti con l’ospedale, nonché come capacità intrinseca di governare i diversi fattori produttivi interni ed esterni al sistema di offerta pubblico, comprensivo del privato accreditato. La continuità assistenziale assume rilevanza tutta particolare nell’assistenza alle persone disabili, agli anziani non autosufficienti, alle persone affette da patologie in fase terminale, alle persone che richiedono cure domiciliari integrate di lungo periodo, cioè nelle situazioni in cui si richiede una maggiore integrazione tra medici di famiglia, altri servizi distrettuali e presidi ospedalieri.
Nell’uso appropriato delle risorse disponibili si privilegiano anche le cure domiciliari, perché in via di principio si considerano la miglior modalità di cura e riabilitazione, anche per raggiungere un secondo traguardo: quello di affidare all’ospedale un ruolo assistenziale appropriato per le fasi di acuzie che richiedono un’elevata intensità di assistenza e concentrazione fisica di competenze e tecnologie.
Per il successo di queste strategie di continuità assistenziale è fondamentale la creazione di un “punto unificato”, di portali front-office che siano funzionali a veicolare qualunque domanda. Un front-office, come punto di accesso ha le funzioni di:
1. interpretare la domanda sociosanitaria e di adeguarla alle risorse locali (pubbliche e non)
2. creare rapporti interpersonali operatore/utente/strumentazione telematica
3. costruire connessioni tra bisogni e risorse
4. offrire un’attenzione “personalizzata” ai soggetti deboli, spesso svantaggiati dalla incapacità di accedere alle informazioni.
Per la gestione di un tale processo complesso, il ruolo del case-manager è assolutamente strategico, in quanto, oltre a rispondere alla contrattualità con il nucleo familiare, governa le risorse umane e quindi anche la spesa, superando le separatezze che si possono originare dall’apporto di diversi professionisti e di più sedi, nonché di annullare gli effetti degli antagonismi che possono emergere, evitandone ricadute negative sull’assistito.