SINTESI DELL’INTERVENTO DELLA DOTT. CATERINA CATRICALÀ
Per contro, però, lo spessore dei melanomi nei soggetti scuri è più alto. Ciò significa che l’attenta prevenzione effettuata sulle persone a fototipo chiaro che si scottano facilmente ha dato i suoi risultati. Ma, essendo noi nell’area del mediterraneo, per cogliere in tempo la lesione dovremmo estendere le norme di attenzione e di prevenzione con una visita dermatologica almeno una volta l’anno anche in persone di tipo scuro.
La nostra attività qui al San Gallicano si svolge soprattutto su due campi: prevenzione e diagnosi precoce. La prevenzione si effettua collaborando a programmi di educazione sanitaria, a corsi di aggiornamento e a seminari per medici generali e specialisti, e con il supporto alla diagnosi e alla terapia ai dermatologi delle ASL i quali possono inviarci i casi a rischio per un ulteriore approfondimento delle analisi. La diagnosi precoce consiste, invece, nell’effettuare circa 15 mila prestazioni all’anno così divise: visite ambulatoriali, follow-up dei soggetti a rischio (con molti nei, atipici, con fototipo chiaro, che si scottano facilmente e si abbronzano poco, con capelli e occhi chiari), consulenze sia per il San Gallicano che per il Regina Elena, e applicando, sulle lesioni con caratteristiche cliniche sospette, un’indagine che si chiama Epiluminescenza e, nella sua forma più sofisticata, Videomicroscopia digitale. Questo esame strumentale non invasivo è in grado di evidenziare in vivo, cioè direttamente sul paziente, delle strutture epidermiche non visibili ad occhio nudo. L’analisi ci da la possibilità di differenziare fra la lesione melanocitaria benigna, che appare clinicamente un po’ atipica, e quella maligna. Quindi, nelle mani di un dermatologo esperto, questo strumento consente di migliorare la diagnostica e asportare lesioni sempre più precocemente. Nella mia casistica il 57,6% di melanomi viene diagnosticato in fase precoce, cioè pazienti che hanno dal 99,7 al 100% di sopravvivenza a 10 anni; il 42,4% dei restanti melanomi, che superano lo spessore di 0.76 di Breslow (indicazione dello spessore istologico) e vengono considerato quelli più a rischio, nella maggior parte dei casi si risolvono comunque con una buona prognosi.
La sopravivenza nei melanomi non invasivi va dal 99.7 al 100% a dieci anni nei melanomi che presentano picchi 2 cioè uno spessore fra 0.76 e 1.5. Nei casi che presentano picchi 3 cioè uno spessore fra 1.5 e 3 mm, la sopravvivenza è del 72.3% a 10 anni; nei casi che presentano picchi 4, la sopravvivenza scende al 50% a 10 anni.
La sopravvivenza media a 10 anni è intorno al 70% ma bisogna distinguere il melanoma diagnosticato in fase iniziale da quelli diagnosticati in fasi successive, la sopravvivenza è inversamente proporzionale allo spessore del melanoma. Statisticamente, però, se da un lato il melanoma è in aumento, dall’altro aumentano anche le diagnosi precoci perché c’è una maggiore attenzione al problema.
Tutto ciò che si può dire a livello di epidemiologia clinica rimane valido: le persone a rischio, il fattore solare, il fototipo, l’esposizione, il numero di nei sono elementi da tenere in considerazione per la prevenzione e la diagnosi precoce. Il passo successivo consiste nel portare avanti una epidemiologia mirata per selezionare sempre di più le persone predisposte sia in base ai fattori di rischio clinici sia in base ai fattori di rischio biologici. E questo dovrebbe portare ad avere delle diagnosi sempre più precoci e quindi a evitare la mortalità per questo tumore che è ancora considerato un tumore “killer” in quanto rimane silente per molti anni per poi conclamarsi ad uno stadio molto avanzato.