SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PROF. MASSIMO CHIARIELLO
In pratica le cellule cardiache contrariamente a tutte le altre cellule dell’organismo, non muoiono mai né mai si rigenerano. Le altre cellule vanno incontro a fenomeni di suicidio cellulare geneticamente programmato per poi riformarsi nuove e pimpanti. I linfociti del sangue, per esempio, hanno una vita media di 8 ore, i globuli rossi di 180 giorni. Questo vuol dire che a queste cadenze si suicidano per riformarsi.
Il fenomeno prende il nome di apoptosi e questo ciclo vita-morte è normalissimo in biologia, anzi, se non ci fosse la morte non potrebbe esserci neanche la vita e se ci si pensa bene l’una giustifica l’altra.
Tutto questo non avviene per il miocita adulto che non ha il programma genetico dell’apoptosi: per lui la morte è solo accidentale, non è mai programmata ed è sempre dovuta ad un evento esterno quale ad esempio il trombo che occlude una coronaria e determina l’infarto. Il miocita fetale, invece, ha il programma genetico dell’apoptosi e per tutto il periodo della vita introuterina, i miociti si suicidano per riformarsi sempre migliori, fino ad essere così perfetti da essere immortali. Durante un infarto le cellule colpite rilasciano sostanze neuro ormonali che determinano lo switch verso il programma genetico del miocita fetale e riprende nel cuore il ciclo della vita – morte.
Nel miocita adulto la vita però non riesce ad esprimersi se non con una ipertrofia ventricolare, mentre la morte si esprime con il processo dell’apoptosi bene evidente nelle zone ancora sane dei ventricoli dei pazienti infartuati: è proprio quindi il caso di dire che quando il cuore è sotto stress (infarto) ritorna bambino, ma così facendo finisce lentamente per suicidarsi. Le moderne terapie farmacologiche con sostanze anti ormonali e anti citochiniche sono in grado di bloccare lo switch verso il fenotipo embrionale e quindi di ridurre l’entità del rimodellamento e la progressione verso lo scompenso cardiaco aumentando così le aspettative di vita dei pazienti.
Recenti esperimenti hanno dimostrato che l’iniezione di cellule staminali potenzialmente in grado di diventare cellule muscolri complete nei topi a cui era stato procurato un infarto porta alla nascita di nuovo tessuto cardiaco funzionante. Ciò ci fa intravedere la possibilità di rimpiazzare porzioni di cuori e anche di interi cuori ormai malandati attraverso l’iniezione di cellule staminali.