SINTESI DELL’INTERVENTO DELLA PROF. ANTONELLA D’ARMINIO MONFORTE
L’età media dei pazienti è piuttosto elevata – 33 anni per le femmine, 36 per i maschi -: più del 50% è nella fascia d’età tra i 30 e i 40 anni, ma abbiamo anche un 14% di donne e un 26% di maschi in età superiore ai 40 anni.
Sempre per quanto riguarda gli eterosessuali, nel 43,4% dei casi ha scoperto di essere Hiv+ di recente, di solito non attraverso il test ma in conseguenza di una qualche sintomatologia Hiv correlata. Non solo, quando queste persone arrivano ai Centri sono già in uno stadio avanzato della malattia, con un discreto livello di immunodepressione, se non addirittura in Aids conclamato (34% rispetto al 12% di tutta la popolazione). La percentuale di HIV+ infettatasi per via eterosessuale sale al 53,2% se teniamo conto dei pazienti arruolati negli ultimi due anni, mentre di contro i tossicodipendenti e gli ex tossicodipedenti sono l’11,7%. Per capire come è cambiata la storia dell’epidemia basti pensare nell’85 il 93% dei sieropositivi era tossicodipedente o ex tossicodipendente.
Anche la popolazione infettatasi per contatti omosessuali non è diminuita, anzi diciamo che è stabile nell’incremento (dal 25,5 del 1996-98 al 27,2% del 1999-2001). C’è insomma un viraggio che rispecchia la diffusione dell’Hiv in Italia: dai tossicodipendenti e omosessuali alla popolazione eterosessuale con partner tossicodipendente e poi alla popolazione eterosessuale in generale, che ora è sicuramente quella a maggior rischio.
Un altro dato interessante riguarda la diffusione anche in Italia (5%) di ceppi virali classificati non B, vale a dire ceppi che non sono solitamente presenti in Europa e negli Stati Uniti, ma in Africa, Asia e America latina. Anche in questo caso la porta di trasmissione sembra essere il rapporto sessuale con prostitute del sud del mondo.