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28 Marzo 2014

VEMURAFENIB IN PAZIENTI CON MELANOMA METASTATICO E MUTAZIONE BRAFV600: STUDIO MULTICENTRICO, APERTO, DI SICUREZZA

L’inibitore della chinasi BRAF, vemurafenib, disponibile per via orale, mostra tassi di risposta, di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e globale (OS) migliori rispetto a dacarbazina nei pazienti con melanoma metastatico che presentano una mutazione BRAFV600. Ricercatori europei (in Italia, i gruppi della Fondazione IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘Pascale’ di Napoli, Istituto Oncologico Veneto di Padova, Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e IRCCS Ospedale San Martino – IST di Genova), in collaborazione con colleghi israeliani, canadesi e australiani, hanno valutato la sicurezza di vemurafenib in pazienti con melanoma avanzato metastatico, con mutazioni BRAFV600, che avevano limitate opzioni di trattamento. In questo studio multicentrico, aperto, i pazienti con melanoma e una mutazione BRAFV600, naïve o precedentemente trattati, hanno ricevuto vemurafenib orale alla dose di 960 mg 2 volte al giorno. Endpoint primario era la sicurezza. Tutte le analisi sono state condotte sulla ‘safety population’, che includeva tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di vemurafenib. L’articolo, pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology, riporta i risultati della terza analisi ad interim dello studio. Tra il 1 marzo 2011 e il 31 gennaio 2013, sono stati arruolati 3.226 pazienti in 44 Paesi. Di questi, 3.222 hanno ricevuto almeno una dose di vemurafenib (‘safety population’). Al cut-off dei dati, 868 pazienti (27%) erano ancora in trattamento con il farmaco e 2.354 (73%) avevano abbandonato lo studio, principalmente per progressione della malattia. Eventi avversi comuni, di tutti i gradi, includevano rash cutaneo (1.592 pazienti; 49%), artralgia (1.259 pazienti; 39%), fatigue (1.093 pazienti; 34%), reazione di fotosensibilità (994 pazienti; 31%), alopecia (826 pazienti; 26%) e nausea (628 pazienti; 19%). Il 46% dei pazienti (n = 1.480) ha manifestato eventi avversi di grado 3 e 4, che includevano carcinoma cutaneo a cellule squamose (389 pazienti; 12%), rash (155 pazienti; 5%), anormalità della funzione epatica (165 pazienti; 5%), artralgia (106 pazienti; 3%) e fatigue (93 pazienti; 3%). Eventi avversi di grado 3 e 4 sono stati riportati più frequentemente nei pazienti di età ≥ 75 anni (n = 257; rispettivamente 152 [59%; IC 95%: 53 – 65] e 10 [4%; IC 95%: 2 – 7]) che in quelli più giovani di 75 anni (n = 2.965; rispettivamente 1.286 [43%; IC 95%: 42 – 45] e 82 [3%; IC 95%: 2 – 3]). In conclusione, la sicurezza di vemurafenib in questa popolazione diversa di pazienti con melanoma metastatico e una mutazione BRAFV600, più rappresentativa della pratica clinica routinaria, era consistente con il profilo di sicurezza registrato in importanti studi su questo farmaco.

Vemurafenib in patients with BRAFV600 mutated metastatic melanoma: an open-label, multicentre, safety study. Lancet Oncology 2014 Feb 26 [Epub ahead of print]
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