domenica, 8 settembre 2024
Medinews
15 Settembre 2016

Is there room for bevacizumab in metastatic breast cancer?

Exciting advances in the therapy of metastatic breast cancer have occurred over the past decade. For example, median overall survival from first-line therapy in Her2-positive metastatic breast cancer exceeded 56 months in a recent trial of pertuzumab, traztuzumab, and docetaxel as first-line therapy. Additionally, median progression-free survival of oestrogen receptor-positive metastatic breast cancer now exceeds 24 months when letrozole and palbociclib is given as first-line therapy. Several novel compounds are currently being tested, with some, such as entinostat (a histone deacetylase inhibitor) and … (leggi tutto)

Le linee guida AIOM per il trattamento del carcinoma della mammella metastatico (edizione 2015), con raccomandazione positiva debole, suggeriscono che il bevacizumab può essere utilizzato in associazione alla chemioterapia di prima linea nelle donne con carcinoma mammario metastatico HER2 negativo. Le linee guida sottolineano però che, sulla base dei risultati degli studi randomizzati e delle metanalisi esistenti, a fronte di un beneficio modesto in sopravvivenza libera da progressione, esiste la presenza di effetti collaterali non trascurabili e non sono stati evidenziati vantaggi statisticamente significativi in sopravvivenza globale. In questo scenario, vanno inseriti i risultati dello studio TURANDOT, che mirava a dimostrare la non inferiorità della combinazione di bevacizumab e capecitabina rispetto alla combinazione di bevacizumab e paclitaxel. Il “delta” scelto per la dimostrazione della non inferiorità era pari al limite superiore dell’intervallo di confidenza dell’Hazard Ratio 1,33, criterio formalmente “rispettato” nel modello di Cox stratificato, ma non rispettato nel modello di Cox non stratificato. Va sottolineato che la combinazione di bevacizumab e capecitabina risultava inferiore rispetto alla combinazione con paclitaxel in termini di sopravvivenza libera da progressione e risultava associata a minore neutropenia, minore neuropatia e maggiore tossicità “hand-foot”. L’editoriale di Brufsky, che accompagna la pubblicazione dello studio TURANDOT, è possibilista sul ruolo di bevacizumab nel trattamento di prima linea del carcinoma mammario metastatico. Rimangono in ogni caso considerazioni critiche sull’assenza di fattori predittivi per l’efficacia del bevacizumab e, nello specifico dello studio TURANDOT, sul disegno di non inferiorità scelto per la conduzione dello studio.
TORNA INDIETRO