IL FENOTIPO DI CARCINOMA DUTTALE IN SITU (DCIS) PREDICE IL RISCHIO DI RECIDIVA GLOBALE E DI TUMORE INVASIVO
“Nonostante un vertiginoso incremento nell’incidenza – da 1.87 a 32.5 per 100000 soggetti – verificatosi nelle ultime decadi come conseguenza dell’intensificazione dei programmi di screening e del miglioramento degli strumenti diagnostici – chiarisce il prof. Giancarlo Pruneri, Università di Milano, Direttore dell’Unità di Biobanca per la Medicina Traslazionale all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -, le pazienti con carcinoma duttale in situ (DCIS) della mammella sono frequentemente sovra-trattate, ricevendo una terapia multimodale che include chirurgia, radioterapia ed ormonoterapia in assenza di specifici fattori predittivi. In questo contesto, sono stati proposti numerosi marcatori putativi predittivo/prognostici, come ad esempio l’utilizzo di complessi nomogrammi, profili di espressione genica o marcatori di proliferazione, ma nessuno di questi è ancora entrato nella pratica clinica, principalmente per la bassa riproducibilità e/o l’elevato costo dei test proposti”.
“Nel presente studio, Williams e collaboratori hanno valutato l’impatto prognostico di un test immunoistochimico basato sulla rilevazione di ER/PgR/HER2/Ki-67 in una casistica di 314 pazienti in menopausa con DCIS. Sulla base della relativa immunoreattività dei marcatori analizzati, il gruppo di Manchester ha suddiviso la popolazione iniziale in quattro fenotipi, Luminal A (LumA), Luminal B (LumB), HER-2 positivo (HER2+) e Triplo Negativo (TN), mutuando la classificazione tradizionalmente utilizzata nel carcinoma invasivo, secondo i parametri della Conferenza di St. Gallen. Come atteso da precedenti studi condotti con la medesima metodica in questo setting clinico (Lazzeroni et al. Ann Oncol. 2013; Curigliano et al. Ann Oncol. 2015) – continua il professore -, gli autori hanno dimostrato che i gruppi di pazienti così identificati erano caratterizzati da un distinto rischio di recidiva: in particolare, il gruppo delle pazienti con DCIS LumA (ER-positivo con basso indice di proliferazione) ha dimostrato il miglior comportamento clinico, seguito dai gruppi TN (HR 3.27), LumB (HR 5.14) ed HER2+ (HR 6.46)”.
“È interessante notare come in termini di sopravvivenza libera da malattia, tale distribuzione non ricalchi perfettamente quella presente nel carcinoma invasivo, dove per esempio il fenotipo TN ha una maggiore aggressività. I dati di Williams et al. suggeriscono che la valutazione immunoistochimica con un numero limitato di marcatori – e quindi a costi contenuti ed applicabile universalmente – può essere di grande importanza nella definizione di gruppi di pazienti con DCIS a differente prognosi. Ciononostante, la critica principale a questi risultati deriva dalla constatazione che i pazienti con DCIS necessiterebbero di fattori predittivi di risposta a specifiche terapie, piuttosto che di un nuovo marcatore prognostico: a questo riguardo, sarebbe di particolare rilevanza identificare marcatori di risposta al trattamento radioterapico, mentre è già stato riportato in modo convincente che alti livelli di immunoreattività per ER/PgR sono associati ad una migliore risposta alla terapia ormonale. Sono pertanto auspicabili ulteriori studi – conclude il prof. Pruneri – che valutino l’efficacia clinica di un trattamento chirurgico associato ad ormonoterapia in assenza di radioterapia, da condurre nella popolazione a minor rischio identificata nello studio di Williams e colleghi, rappresentata dalle pazienti con DCIS Luminal A”.